Coronavirus, lo sport riparte a metà: dubbi e controsensi dietro il via libera del 4 maggio

Coronavirus, lo sport riparte a metà: dubbi e controsensi dietro il via libera del 4 maggio
di Gianluca Cordella
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Martedì 28 Aprile 2020, 07:30

Il giorno dopo, per tutto, è quello delle analisi a mente fredda. Che, però, non sempre dipingono un quadro chiaro delle cose. E così lo sport, che domenica sera ha accolto con un sospiro di sollievo il nuovo dpcm che dal 4 maggio dà di nuovo la possibilità di allenarsi agli atleti di interesse nazionale delle discipline individuali, il giorno dopo si è ritrovato a fare i conti con qualche dubbio di troppo e una manciata di controsensi.

LA BASE
I più insoddisfatti, ovvio, sono gli amatori, i dilettanti e la base degli agonisti. Il provvedimento non apre circoli e società. Per cui la possibilità di riprendere l’attività vale solo per gli atleti individuati dalle federazioni e “certificati” da Coni e Cip.

Tutti gli altri dovranno accontentarsi di andare a correre nei polmoni verdi cittadini, possibilità, questa, offerta a tutti, sempre seguendo le logiche del distanziamento sociale. C’è poi chi, come i golfisti, in un polmone verde si allena e ci gareggia normalmente. E, dunque, fa fatica a comprendere perché il parco sì e il green no. «In Italia finora è stato impedito di giocare a golf, come in nessun altro paese al mondo. I circoli devono necessariamente riaprire al massimo l’11 maggio, non si capisce perché debbano restare chiusi», tuona il presidente federale Franco Chimenti. Negli Stati Uniti, ad esempio, più della metà dei circoli sono aperti, nonostante l’emergenza sanitaria si allarghi giorno dopo giorno. La tipologia di sport, d’altra parte, è quella che più di qualsiasi altra mette al riparo dal contagio.

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UNO CONTRO UNO
C’è poi chi rischia di infilarsi in un vicolo cieco tecnico, come la scherma. Sport individuale, nel quale è impossibile mantenere la distanza di sicurezza dai maestri o dai compagni di pedana in versione rivali. Tradotto: la ripresa degli allenamenti vale per il potenziamento muscolare e per la parte aerobica. Ma di lavorare sulla parte tecnica, arma in pugno, non se ne parla nemmeno, E questo d’altra parte è anche il problema che devono affrontare gli sport di contatto, dalla boxe a tutte le arti marziali. Le federazioni interessate attendono la relazione del Politecnico di Torino, alleato del Coni nella ripartenza, che sta definendo le linee guida sport per sport. Dalla logica dell’uno contro uno si “salva” il tennis che mette una certa distanza tra i due giocatori e, dunque, è in pole tra le discipline che potranno tornare alla normalità degli allenamenti più in fretta.

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TUTTI INSIEME
Così come l’atletica, il ciclismo che può tornare in strada e il nuoto, che ha già il proprio piano sicurezza: 5 mq di spazio per atleta negli spogliatoi, 7 in palestra, 10 in acqua. Sottolineando comunque che la concentrazione di cloro in piscina è «ampiamente in grado di prevenire la diffusione del Covid-19». Il tutto verso quella che la Fin chiama «Fase 2 B»: 7 mq di acqua a persona per l’attività di base» a partire dal 18 maggio, la data che il governo ha individuato per la ripresa degli sport di squadra. A proposito: in Federnuoto non sorridono tutti perché ai campioni del mondo della pallanuoto, in quanto squadra, non è concesso di tornare a nuotare, nemmeno per allenarsi individualmente. E questo ci porta al paradosso finale: se, ad esempio, le squadre di calcio potranno ripartire dal 18, perché intanto non è stato permesso agli atleti di riprendere individualmente, come ha fatto la Nba? Siamo così sicuri che per un calciatore sia più sicuro andare a correre nel parco sotto casa che allenarsi in un ambiente protetto - sempre da solo, per carità - come il centro sportivo della propria società? Lo dicevamo: non sempre il giorno dopo porta tutte le risposte.

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