Dettori: «Io come Rossi: corro finché mi diverto»

Dettori: «Io come Rossi: corro finché mi diverto»
di Piero Mei
4 Minuti di Lettura
Martedì 9 Ottobre 2018, 11:00
Frankie, qual è stato il più bello? «Dei sei che ho vinto? Tutti sono speciali. L’Arc de Triomphe è una corsa speciale. E’ una di quelle che guardavo in televisione da bambino a San Siro, quando davano soltanto l’Arc, il Derby di Epsom e le King George. Però se devo scegliere, direi il primo, quello con Lamtarra nel 1995, avevo 25 anni, e l’ultimo, quello dell’altro ieri con Enable: forse è stato il più faticoso». Lanfranco Dettori poteva rispondere il prossimo, cioè il settimo, magari sempre in sella a Enable che probabilmente resterà in allenamento anche l’anno prossimo. «C’è tempo per questo; per il momento con lei c’è da pensare al 3 novembre quando correremo, se tutto andrà bene, la Breeder’s Cup in Kentucky». E’ già nell’agenda di Frankie, che deve essere più organizzato di una agenzia di viaggi: ha vinto più di 3500 corse in 24 Paesi del mondo, sì quelli che hanno un ippodromo di galoppo tutti o quasi. Il carnet è fitto e lo sciorina sveltamente: «Week end a Newmarket, poi le Champions Stakes, Doncaster, il Kentucky. E il 4 novembre vorrei essere a Roma: devo studiare bene gli aerei per partire la sera dal Kentucky ed essere in Italia per tempo. Ho una cavalla per il Lydia Tesio». 
IL MOSTRO
Studiare gli aerei, come studiare i cavalli: i propri e gli avversari: lo fa da bambino sui pony e da adolescente sui purosangue, prima vittoria a Torino il 16 novembre 1986. Già aveva fatto un viaggio in Inghilterra. Era lì che papà Gianfranco, gran fantino anche lui, lo chiamavano “il Mostro” aveva deciso che Lanfranco dovesse imparare il mestiere. Voleva fare il fantino? E allora che lo facesse per bene. «Domani parti, vai a vivere in Inghilterra» disse semplicemente e senza possibilità di replica. Partì e lì restò. E con la Brexit? «Se mi cacciano ho più giorni da passere in Sardegna» ha sorriso una volta. Fu uno dei primi “cervelli in fuga”, perché per diventare un gran fantino bisogna sì avere il fisico giusto: lui, 1,63 per 55 chili, era già un po’ curvy per i suoi tempi, «ma non mangio hamburger da chissà quanti anni»; ma bisogna anche avere il cervello: «Si parte, si pensa, si guarda; devi pensare a tante cose: vai troppo forte o troppi piano; e poi può essere pericoloso: vai a sessanta chilometri l’ora e se cadi ti fai male». E’ caduto più di una volta, metaforicamente e no. Da un aereo, un Piper che decollava da Newmarket per raggiungere in fretta un altro ippodromo; da un controllo antidoping che lo trovò positivo alla cocaina, proprio nei giorni che aveva interrotto il contratto con gli sceicchi (i Maktoum) che durava da 18 anni e con i quali aveva fatto la maggior parte della sua strada. Una strada che dice che di quelle 3500 e passa corse, delle quali 626 classificate come “pattern” cioè che hanno un ranking internazionale, le famose “corse di gruppo”, che fanno la gloria di uomini e cavalli del settore. E’ per questo che è diventato “il cocco delle casalinghe inglesi”, come è stato scritto, perché le signore britanniche che scommettono qualche sterlina sui cavalli lo fanno sui lui. Lo fa anche la Regina? E’ stato anche detto che è «l’uomo più famoso a cavallo dopo John Wayne». L’ippodromo preferito? «Ascot» è la risposta secca: non solo perché è l’ippodromo «Royal» per eccellenza. Ma anche perché fu qui il suo “giorno dei giorni”, il 28 settembre 1996, quando erano in programma sette corse e Frankie le vinse tutte e sette: un record semmai uguagliabile ma imbattibile. Gli hanno anche fatto una statua in quel tempio dello sport dove i cavalli cominciarono a correre nel Settecento per vivacizzare i pomeriggi che la Regina Anna trascorreva annoiandosi in quel di Windsor, che è lì. Proprio nella corsa intitolata a Queen Anne una volta Frankie ebbe una disavventura: frustò 25 volte Ranomi, cavallo che vinse di un muso. Gli animalisti inorridirono, i giudici gli dettero 24 giorni d’appiedamento, quasi un taglione, un giorno a colpo di frusta. «Il cavallo – dice Frankie – deve capire che tu sei il suo boss; solo così esegue i tuoi ordini; ma devi essere un boss amico». A 47 anni pensa già di smettere? «L’oculista mi dice che dovrei mettere gli occhiali; quanto a smettere, la penso come Valentino Rossi: finché mi diverto no» ha dichiarato un giorno. «Al diavolo le cadute: il bello è rimontare in sella». 
© RIPRODUZIONE RISERVATA