Coronavirus, la Codogno sportiva risorge con il baseball. L'ex allenatore: «Ero io il paziente1»

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di Vanni Zagnoli
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Venerdì 3 Luglio 2020, 08:30 - Ultimo aggiornamento: 10:37
Calcio a parte, inizia per primo il baseball, fra gli sport di squadra, in Italia, e lo fa da Codogno, il paese di Matteo, il paziente1. «Sarà il simbolo dell'Italia che riparte, della vita che vince sulla morte», dice il sindaco Francesco Passerini. Si inaugura la stagione dei Jaguars, il primo lancio dal monte avviene sabato, nel derby del Po con il Piacenza, in serie B. Ritorna lo sport agonistico nel lodigiano, a 4 mesi e mezzo dal primo focolaio italiano.

«Dopo mesi con la morte ad aleggiare su di noi - racconta il primo cittadino lodigiano -, è un grande passo avanti verso la normalità. Qui il batti e corri ha una grande tradizione, per molti è una ragione di vita».  Lo è per il presidente Giangiacomo Sello, geometra in pensione, che in questi giorni aggiusta il tabellone elettronico danneggiato da alcuni vandali.  Si gioca a porte chiuse, dal governo non è arrivata risposta al presidente federale Andrea Marcon, che ha chiesto di equiparare gli eventi sportivi agli spettacoli all'aperto. Le due gare sono alle 15,30, sabato e domenica, in diretta streaming sul sito della Fibs. «La trasmetteranno due bar a Codogno - spiega il sindaco -. Da ragazzino giocavo terza base e interbase, mi piaceva tuffarmi a terra. Durante il lockdown è diventata simbolica la scena dei giocatori dei Jaguars che al confine si scambiavano lanci con quelli degli Old Rags Lodi. Poi molti giocatori si sono impegnati nel volontariato». 

In paese il bilancio è stato di 220 vittime, fra cui due dirigenti del baseball. «E' difficile che qualcuno non abbia perso un amico o un familiare. Finalmente potremo esultare per un punto o arrabbiarci con un arbitro. Dai giorni infernali di febbraio e marzo sembrano passati 20 anni. C'è gran voglia di ripartire ma nessuno dimentica, gente in giro senza mascherina non si trova nemmeno a cercarla».

Il computo dei contagi è incoraggiante. «Zero da quattro giorni in Provincia di Lodi e da almeno tre settimane a Codogno. Nel Lodigiano è ripartito il 74% delle attività, a Codogno il 90. Restano chiusi locali e discoteche, aperti però pochi chilometri più in là, in Emilia Romagna. E' una discrasia, allora si cerca di mantenere comportamenti adeguati, soprattutto i giovani». 

Un enigma è invece il futuro degli sport che si appoggiano alle scuole. «Per le attuali linee guida, campi e palestre sono a uso esclusivo scolastico, così il 90% delle società sportive del nostro territorio resta senza. Il rischio è che la prossima stagione dilettantistica salti - dice Passerini, che è pure presidente della provincia di Lodi -. Parlo di 2mila tesserati a Codogno, oltre 20mila nel Lodigiano». Inclusi i Jaguars, che di solito da gennaio si allenano in palestra. 

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Sino a 4 anni fa, l’allenatore era Francesco Ardemagni, Cecchino, ex giocatore e anche team manager del Codogno. Fra i primi ricoverati per Covid, è uscito dall'ospedale una settimana fa, dopo 118 giorni e, se le forze glielo permetteranno, sabato proverà a essere fra i pochi ammessi in tribuna. «Per un comune di 16mila abitanti - riflette -, quelle 220 vittime sono tantissime. Io ero entrato in ospedale perchè avevo problemi di deambulazione e da lì non sono più uscito». «Non è stato infettato dal paziente1 - si inserisce il figlio, Lorenzo, che si alterna a seguirlo con la sorella Serena e con mamma Grazia -, in realtà aveva lui stesso febbre e problemi respiratori».

«Una polmonite fulminante - riprende Cecchino, 68 anni -, sono stato due mesi in terapia intensiva, non ricordo nulla di quel periodo, se non che litigavo con le infermiere: mi stufavo a restare seduto, invece per il medico era fondamentale, perchè i polmoni respirassero. Per 3 mesi e mezzo non ho potuto vedere neanche i familiari, solo contatti telefonici. Nel passaggio fra 4 ospedali mi hanno persino smarrito tutti i documenti».

Cecchino ha un po’ la spavalderia di Matteo Ardemagni, il centravanti da una vita in serie B, già capocannoniere, a Modena, ma anche l’ironia del piacentino Marco, il “giudice” di Caterpillar Am, all’alba su Rai2. «Per 50 anni ho fatto il tornitore, sono in pensione dal 2014. Nell’anno di serie A del Codogno ero viceallenatore, era il 2002. Riprendere il baseball per il paese è fondamentale, il Corona aveva paralizzato le nostre vite. Non ho idea di come l’avessi preso, sono convinto di essere stato io, il paziente 1, non scherzo: il virus era nell’aria, in senso letterale, del resto leggo che gli esperti lo sapevano. Di sicuro prima stavo benissimo». Ardemagni fu anche giocatore di rugby, contemporaneamente al batti e corri. 

«Anche per questo mi ha colpito la storia di Maxime Mbandà, delle Zebre, volontario sulle ambulanze di Parma, nei giorni più bui. Del baseball neanche sono più dirigente, sono 3-4 anni che vado alle partite e basta». Ci si chiede, sempre, se ci sarà una nuova ondata di Coronavirus. «Spero di no, è una cattiva esperienza, chi l’ha provato lo sa. Ancora non cammino bene, spero di riprendere perfettamente».

Cecchino faceva l’esterno. «Il baseball è magico, non deve mai morire, è bellissimo, va solo capito, il problema è che in Italia conta solo il pallone». Diciotto anni fa, Codogno si era seduta al tavolo delle grandi del baseball. «Ma non riuscivamo a restare al loro passo», ammette il presidente Giangiacomo Sello.

L’A1 sarà a 7 inning, anzichè a 9, e a sole 7 squadre. «Parma, San Marino, i campioni in carica delle Fortitudo Bologna, anche sul trono d’Europa, grazie a Unipol, Macerata, Nettuno e Collecchio e Godo. Il campionato è ridotto, dovevano essere in 10 formazioni, di fatto copre solo tre regioni: Emilia Romagna, Marche e Lazio. In A2 ci sono una ventina di formazioni, poi arriva la nostra B».

La stagione dei Jaguars costa 100mila euro, l’unico pagato (500 euro, più l’appartamento) è il cubano Zamora, tecnico giovanile e quarto della prima squadra. «Abbiamo rinunciato ai sudamericani - sottolinea Sello -, per abbassare il budget. Abbiamo due tecnici codognesi, Michele Nani e Pietro Garioni». Il paese fu scudettato, nel ’76, ma in realtà davanti c’era la serie nazionale, dunque è come fosse un tricolore di serie B, come avviene anche nel rugby. Gli azzurri vantano un titolo giovanile.

«Esistiamo da 53 anni, per 4 volte siamo stati vicecampioni d’Italia giovanili, le nostre migliori stagioni furono negli anni ’80 e ’90. A Codogno il calcio è in Eccellenza, il basket si è fuso con Piacenza e il rugby è solo in C, dunque siamo probabilmente la migliore espressione sportiva del paese».

Che ebbe un capitano della nazionale, Giuseppe Carelli, ex Rimini, partecipante anche alle olimpiadi di Los Angeles. Fu il miglior battitore dell’86 in Olanda, ai mondiali. E poi Mariano Martini, lanciatore in nazionale, ex Torino, Parma e Bologna, protagonista della promozione in A. Le vedettes del paese sono l’ex capocannoniere del basket Mario Boni, nel calcio gli scomparsi Bruno Arcari e Renato Cipollini, già portiere di riserva all’Inter e presidente di Bologna e Lecce, e poi Mario Traversoni nel ciclismo, già gregario di Pantani.

In serie B, presto torneranno a roteare anche le mazze dell’Ares Milano, la squadra di Elio (e le storie tese) e Faso. «Sono fra le 5 squadre del nostro girone. Dovevamo essere in 8, siamo rimasti in 5 club. Sale solo la prima». Codogno fu la prima zona rossa, con gli abitanti bloccati in casa per due settimane, in avvio di Covid, ora spero di avere il pubblico, sugli spalti. «C’è tempo sino a poche ore prima del match. Abbiamo ripreso l’attività il 21 maggio, giusto a tre mesi del primo caso».

Il diamante Comunale tiene 500 spettatori: «Furono 1500 per Italia-Cuba, nel 2009. Adesso abbiamo un problema con l’illuminazione e allora giochiamo una partita la mattina e una al pomeriggio, sennò giocheremmo la sera, In A1 c’erano 3 gare, su 3 giorni». Tempi lontani, a Codogno adesso neanche si danno più rimborsi spese ai giocatori. Però tutti vanno pazzi per le prese al volo e i fuoricampo.
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