SPERANZE AZZURRE
Il bresciano ha stampato un exploit: il secondo crono della carriera (10”07) dopo 48 giorni di inattività per un problema muscolare. Scorrendo la graduatoria delle batterie, il poliziotto tatuato dappertutto è quinto: «Ho fatto una buona gara, nonostante qualche inceppo in partenza. All’entrata in pista ero teso, poi ho liberato la mente e tutto è filato liscio. Non volevo fare la comparsa, ho dimostrato di esserci, ora il sogno è andare in finale». Stesso obiettivo anche per Tortu (10”20), terzo della batteria e diciannovesimo complessivo: «Sono soddisfatto del piazzamento, non del tempo. I continui sbalzi di temperatura dovuti all’aria condizionata non solo l’ideale, ma questo incide su tutti». Nella storia iridata un solo italiano è stato finalista dei 100 metri: Piefrancesco Pavoni a Roma 1987. Oggi Jacobs e Tortu cercheranno di imitarlo, magari riuscendo a migliorare i propri personali. Intanto sul rettilineo rosso e rosa c’è chi ha vinto anche correndo piano. Sono i velocisti dell’altro mondo, abitanti di atolli sperduti nel Pacifico, di Paesi in guerra o di nazioni dove disporre di scarpette chiodate è impossibile. Così il mauritano Alpha Diagana, che per campare fa il vigilante notturno, è contento del personale a 12”30, mentre Ililau di Palau, Thompson delle Samoa Americane e Harris di Nauru improvvisano un podio in zona mista. Solo il circo dell’atletica può esaltare la Micronesia, che a Doha trova un quarto d’ora di popolarità.
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