Doha sceglie il successore di Bolt sui 100 metri

Doha sceglie il successore di Bolt sui 100 metri
di Mario Nicoliello
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Sabato 28 Settembre 2019, 09:30
Mister velocità verrà eletto stasera nella fornace di Doha. Alle 21.15 italiane gli otto uomini più rapidi del pianeta si accovacceranno sui blocchi di partenza dentro lo stadio Khalifa, unico luogo all’aperto del Qatar dove si respira pure di giorno: fuori occorrerebbe stare nudi (80% di umidità e 43 gradi percepiti), dentro il golfino sulle spalle è una delizia. I 100 metri sono la gara simbolo dell’atletica, quella in cui bastano meno di 10 secondi per conquistare la gloria eterna. Nel primo Mondiale dopo l’era Usain Bolt a fare la voce grossa sono gli americani, Christian Coleman, unico capace di frantumare il muro dei 10” in batteria (9”98), e l’iridato in carica Justin Gatlin (10”06). Tra i due si è infilato il sudafricano Simbine (10”01). Il ventitreenne Coleman è l’astro nascente dello sprint, ma ha già fatto parlare di sé anche per altro: in un anno e 26 giorni ha saltato tre controlli antidoping a sorpresa, riuscendo a farla franca solo perché la squalifica scatta tra il primo e terzo intercorrono al massimo 12 mesi. Il trentasettenne Gatlin è l’unico della vecchia generazione ancora ad alto livello, già squalificato per quattro anni e già campione olimpico e iridato (due volte). In questo stadio, ma su un’altra pista, stampò il primato mondiale nel maggio 2006. Quel giorno Marcell Jacobs e Filippo Tortu avevano 11 e 7 anni. I due azzurri hanno acciuffato una corsia nelle semifinali, che precederanno di due ore e mezza l’atto conclusivo.
SPERANZE AZZURRE
Il bresciano ha stampato un exploit: il secondo crono della carriera (10”07) dopo 48 giorni di inattività per un problema muscolare. Scorrendo la graduatoria delle batterie, il poliziotto tatuato dappertutto è quinto: «Ho fatto una buona gara, nonostante qualche inceppo in partenza. All’entrata in pista ero teso, poi ho liberato la mente e tutto è filato liscio. Non volevo fare la comparsa, ho dimostrato di esserci, ora il sogno è andare in finale». Stesso obiettivo anche per Tortu (10”20), terzo della batteria e diciannovesimo complessivo: «Sono soddisfatto del piazzamento, non del tempo. I continui sbalzi di temperatura dovuti all’aria condizionata non solo l’ideale, ma questo incide su tutti». Nella storia iridata un solo italiano è stato finalista dei 100 metri: Piefrancesco Pavoni a Roma 1987. Oggi Jacobs e Tortu cercheranno di imitarlo, magari riuscendo a migliorare i propri personali. Intanto sul rettilineo rosso e rosa c’è chi ha vinto anche correndo piano. Sono i velocisti dell’altro mondo, abitanti di atolli sperduti nel Pacifico, di Paesi in guerra o di nazioni dove disporre di scarpette chiodate è impossibile. Così il mauritano Alpha Diagana, che per campare fa il vigilante notturno, è contento del personale a 12”30, mentre Ililau di Palau, Thompson delle Samoa Americane e Harris di Nauru improvvisano un podio in zona mista. Solo il circo dell’atletica può esaltare la Micronesia, che a Doha trova un quarto d’ora di popolarità.
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