Le “staffettone” del professor Andrea Milardi

Andrea Milardi
di Paolo Ricci Bitti
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Venerdì 25 Marzo 2016, 01:05 - Ultimo aggiornamento: 01:07
Lo Staffettone è accrescitivo di Staffetta, ma con Andrea Milardi il termine che indica la prova-simbolo dell’atletica leggera diventava in realtà superlativo assoluto. Alle sue staffettone partecipavano squadre composte da 100 o 200 o anche mille (già, 1.000) bambini e bambine e ogni volta casa sua, il camposcuola Guidobaldi in riva al Velino, diventava un allegro jamboree in cui voci e incitamenti rimbalzavano tra argini e tribune.

Non era mai esistito e mai più esisterà, e forse si può allargare l’orizzonte oltre a quello già vastissimo dell’atletica leggera, uno come il professore Andrea Milardi. Un tecnico capace di estrarre pepite d’oro e diamanti da una miniera angusta come quella di Rieti, solo 140mila abitanti di cui 50mila nel capoluogo che resta privo di casello autostradale, ma che è diventato grazie a lui la fermata principale dell’atletica leggera giovanile italiana. Ed europea, perché venivano da ogni dove per vedere, per capire come funziona l’Atletica studentesca reatina Cariri da lui fondata 41 anni fa: e non solo, e non tanto per gli innumerevoli campioni azzurri che Milardi è stato capace di individuare, ma per la possibilità che ha dato a decine di migliaia di ragazzi e ragazze di praticare atletica.

La Studentesca è nata nel 1975 e, beh, allora il professore ha convocato e fatto correre su una pista d’atletica tutti ma proprio tutti i reatini nati dal 1969 in poi. Tutti. Perché da 41 anni fin dalla prima elementare tutti gli alunni delle scuole della provincia di Rieti partecipano alle staffettone di Milardi, con quelle squadre gigantesche che creano anche un senso di appartenenza (alla scuola, ai paesi, alle città) come nient’altro. Intanto il professore vedeva e annotava: impossibile che gli sfuggisse questo o quel bambino, questa o quella bambina che correva con un po’ più di agilità della media. E arrivava la proposta di provarci con l’atletica. E i talenti, messi nelle mani di un tecnico-educatore come Milardi, portavano sempre frutti. Inutile cercare altre situazioni simili in Italia. Nessuno ci è riuscito perché di Milardi ce n’era uno solo. La Studentesca, a ogni modo, teneva le porte aperte a tutti, anche a quelli che non correvano come Andrew Howe: i “pettorali”, con il professore, non finivano mai.

Sì, se c’è una cosa per cui vale la pena far crescere i figli a Rieti quella è – difficile scrivere “era” - la Studentesca del professor Milardi.  
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