Rai, tetto ai compensi: si teme la fuga delle star dell'informazione

Rai, tetto ai compensi: si teme la fuga delle star dell'informazione
di Marco Castoro
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Mercoledì 12 Aprile 2017, 08:42 - Ultimo aggiornamento: 13 Aprile, 08:37
La questione del tetto dei 240 mila euro non è stata ancora risolta a Viale Mazzini. La scadenza di fine mese si avvicina senza che ci sia stata la schiarita che tutti si aspettano. Gli stipendi degli artisti rientrano o no nel provvedimento? Il dilemma è diventato un angosciante contenzioso, un incubo che potrebbe far perdere alla Rai alcune delle sue star. A cominciare da Carlo Conti e Fabio Fazio.

LA CARICA DEI 42
Ci sono tra gli altri anche Piero e Alberto Angela, Antonella Clerici, Flavio Insinna, Luciana Littizzetto, Amadeus, Bruno Vespa, Massimo Giletti. I consiglieri del cda non sembrano affatto orientati a prendersi la responsabilità di non far rispettare la legge e quindi essere soggetti agli eventuali danni erariali che la Corte dei conti potrebbe sentenziare nei loro confronti. I consiglieri reputano che l'Avvocatura dello Stato abbia espresso un parere e non un atto formale. In assenza di un testo messo nero su bianco, approvato dal ministero dell'Economia o dal Parlamento, la delibera resta e quindi la legge si applica a tutti, artisti compresi. Non solo ai dipendenti e consulenti Rai, ai quali il taglio dei compensi è stato già applicato. Domani è in programma un cda che si preannuncia intenso e non facile da gestire. Sicuramente si parlerà del tetto, ma all'ordine del giorno ci sono anche altri temi caldi come il bilancio e il piano delle news che sembra giunto in dirittura di arrivo dopo un percorso lunghissimo. Anche per quanto riguarda il bilancio traspare ottimismo al settimo piano di Viale Mazzini. Dulcis in fundo si potrebbe anche parlare del nuovo direttore che dovrebbe arrivare nella struttura RaiRagazzi. Fonti vicine al governo fanno sapere che l'esecutivo non pensa neanche lontanamente a intervenire su una legge approvata in Parlamento. Non si va a rischiare l'impopolarità con un intervento a hoc. Se il Tesoro come azionista di maggioranza vorrà sbloccare la questione dovrà sposare il parere dell'Avvocatura e metterlo nero su bianco, ma in questo momento Padoan ha ben altri problemi che pensare al tetto della Rai. Tuttavia ammettendo che con un colpo di genio in extremis si possa trovare una soluzione non tutti i nodi verrebbero sciolti automaticamente. Ci sarebbe da stabilire perché alcuni direttori, dirigenti e consulenti inquadrati nell'azienda siano soggetti al tetto e altri no. Anche Bruno Vespa, Lucia Annunziata e Massimo Giletti sono dei giornalisti, seppure conducano trasmissioni.

DIVISIONI INTERNE
Annunziata ha già fatto intendere che rispetterà il tetto, mentre Vespa e Giletti percepiscono cifre superiori ai 240 mila euro, pur essendo giornalisti. Come lo è Mario Orfeo, il direttore del Tg1. Solo per citare un esempio a cui è stato applicato il tetto. Giletti si autosospese dall'ordine giornalisti per fare il testimonial a un'azienda ma poi terminati gli spot è rientrato nei ranghi. Un'altra differenza sostanziale che potrebbe incidere nella divisione dei pani dai pesci, quindi dai giornalisti ai conduttori artisti, riguarda la matricola del programma in questione. L'Arena è considerata una trasmissione di intrattenimento, che finisce sotto l'egida della testata soltanto nei periodi di par condicio. Porta a Porta è invece un programma giornalistico, anche perché ci lavora una redazione di giornalisti, cosa che non avviene nel contenitore della domenica a pranzo. Nella redazione di Giletti non ci sono figure inquadrate come giornalisti, ma programmisti e registi interni, oltre ai collaboratori con contratti particolari. E se una trasmissione non inquadrata come giornalistica viene a esserlo, la Rai rischierebbe una raffica di cause da parte dei lavoratori che chiederebbero il riconoscimento. Un'altra mazzata tra capo e collo difficile da spiegare e da gestire. Il pallino come detto sta nelle mani dei consiglieri del Cda. Anche se tutta la governance deve recitare il mea culpa per aver fatto esplodere la questione adesso, quando si poteva affrontare già un anno e mezzo fa. Campo Dall'Orto non ha più l'alone di fiducia che lo accompagna. Anzi, è stato già sfiduciato dal ministro Alfano che vuole la sua testa e dal deputato Pd Anzaldi che più volte ne ha contestato la governabilità. A quanto pare il dg ha perso punti di share perfino con l'ex premier Renzi che lo ha scelto. E ora se perde anche la fiducia del Cda rischia la leadership. Tra l'altro il mondo politico è in fermento con i 5 Stelle che incalzano il Tg1 sul pluralismo e la Rai finita sotto attacco per la puntata di Report su l'Unità. Un'inchiesta che ha scosso il Pd, non più tanto compatto nell'appoggiare il capo azienda di Viale Mazzini. E se si sgretolano pure i consensi all'interno del partito di governo che l'ha voluto, per Campo Dall'Orto si preannuncia una primavera calda.