Il Natale in pubblicità: tra crisi e profanità, liti familiari e ironia

Il Natale in pubblicità: tra crisi e profanità, liti familiari e ironia
di Michele Boroni
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Mercoledì 20 Dicembre 2017, 22:59 - Ultimo aggiornamento: 23:53
La pubblicità attraverso le sue storie, oltre alla sua funzione primaria di comunicare prodotti e servizi per la vendita, riesce a raccontare molto di noi e del periodo che stiamo vivendo. Perciò può essere interessante guardare con un altro occhio gli spot a tema natalizio che stanno popolando in questi giorni i break televisivi e i pre-roll su YouTube.

Peraltro il rapporto Natale-Pubblicità ha radici lontane e solide, basti pensare che l'iconografia di Babbo Natale – corpulento, vestito di rosso, barba bianca lunga e vaporosa – è stata inventata dalla Coca-Cola e dai suoi pubblicitari negli anni '30.

Se in Inghilterra l'interesse sulla pubblicità è alimentato sopratutto dai department stores, i grandi magazzini, veri e propri santuari pagani del consumismo natalizio britannico, da noi la parte del leone la fanno i cosiddetti prodotti dolciari da ricorrenza, panettoni e pandori in primis, per evidenziare che da noi il lato alimentare è quello che più fa vendere a Natale.

Quali sono quindi i toni di voce e gli argomenti più utilizzati dagli spot natalizi di quest'anno? Liti familiari, ironia, una decisa profanità e ancora un po' di crisi economica sottotraccia.

Partiamo da quest'ultima: alcuni marchi di prodotti dolciari (Maina, Le Tre Marie), evidentemente in assenza di budget, hanno ritirato fuori gli spot degli scorsi anni, in alcuni dei quali è stato aggiunto un codino finale di un paio di secondi con il nuovo formato/gusto da lanciare. Nessuno spot invece per Melegatti: i dipendenti dell'azienda veronese che ha brevettato per prima il pandoro versa in una grave crisi finanziaria, hanno deciso di tornare al lavoro, seppur non pagati da agosto, per ravviare la produzione e facendo un'efficace campagna sui social e su Whatsapp in cui invitano le famiglie a comprare il pandoro Melegatti e salvare così l'azienda. Gli ordini stanno andando molto bene. La cassa integrazione è stata ritirata.


Tornando alla pubblicità ci sono un paio di novità interessanti. La prima riguarda Bauli, che ha affidato la regia di uno spot fortemente narrativo (da 1 minuto e 30” - agenzia McCann) a Paolo Genovese, quello di “Perfetti Sconosciuti” e l'ultimo “The Place”: è la storia di due sorelle tra cui c'è una vecchia disputa che riemerge durante il pranzo di Natale. La fetta di pandoro è la causa del litigio, ma che poi diventa anche lo strumento per fare pace.

Da qualche giorno è anche uscito il nuovo spot del panettone Motta, con un approccio molto ironico e sarcastico, dove viene coinvolta anche la bambina petulante del Buondì che aveva fatto molto discutere alla fine dell'estate: lo spot si schiera a difesa dei tanto bistrattati canditi che spesso vengono emarginati a bordo piatto durante i pranzi di Natale e i cenoni di fine anno. Per l'occasione l'agenzia Saatchi & Saatchi ha anche creato una divertente colonna sonora originale “Come un candito a Natale” con relativo videoclip pensato appositamente per la condivisione sul web.

Ma in tutto questo trionfo alimentare, storie familiari e buon umore che fine ha fatto il lato più religioso del Natale? Totalmente dimenticato: non solo non ha cittadinanza nella pubblicità, ma addirittura l'iconografia religiosa viene totalmente travisata per scopi mercantili. Basta vedere il nuovo 30” di Kinder Ferrero sul nuovo prodotto basato sul Calendario dell'Avvento con le varie finestrelle: in questo caso il tradizionale conto alla rovescia non è per la nascita di Gesù Bambino, bensì per l'arrivo di Babbo Natale (e dei suoi regali).

A proposito di Babbo Natale, il grande retailer online Amazon con il suo spot natalizio in cui vengono rappresentati i pacchi animati che cantano e vengono consegnati direttamente alla bambina, dichiara definitamente l'inesistenza di Babbo Natale. Così come la pubblicità crea, la pubblicità distrugge.
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