Come si sente all'idea di essere festeggiata come una regina?
«Ho sempre festeggiato il mio compleanno perché mi piace celebrare la mia nascita. Mi voglio molto bene e sono contenta di essere in questo mondo».
Gli 80 anni non la preoccupano?
«Il discorso dell'età non mi sfiora perché io non mi vedo anagraficamente. È vero, non vivo in un Paese in cui esistono le Judi Dench e le Maggie Smith. In Italia le domande sono: ma come si fa ad andare a letto con una donna di 80 anni? E che fa, lavora ancora?».
Lei cosa risponde?
«Rispondo che io mi sento di poter fare ancora grandi personaggi. In tv vorrei recitare il ruolo di un commissario donna. Perché le commissarie dovrebbero essere ragazze? Io sono convinta che ci vogliano attrici con l'esperienza nel volto».
Gli attori di teatro non fanno altro che disprezzare la tv. Lei non considera sacro solo il palcoscenico?
«La tv non la disprezzo affatto. Con Tutti pazzi per amore nel ruolo della cattivissima Clelia mi sono divertita molto. Mi piace poi che si giri dentro le case».
La tv come una casa?
«Da piccola, volevo fare la dama di compagnia, girare per casa a fare cose belle e importanti. Ecco, recitare in tv per me è come fare la dama di compagnia».
Come vive l'erotismo in questo momento del tempo?
«L'erotismo che continuo a sentire ha a che fare con il mistero degli amori che non si svelano mai completamente. La passione per il gioco amoroso non mi abbandona. Mi piace prendere delle cotte. Mi piacerà fino all'ultimo. Quello che provo oggi è molto vicino a quello che provavo prima della morte di Alberto, il mio ultimo compagno».
Alberto, che aveva 29 anni meno di lei, è morto in un incidente stradale nel 2000. Ci sono voluti molti anni per elaborare il lutto?
«Cosa è stata la mia vita immediatamente dopo la morte di Alberto glielo posso dire con una immagine. È vero che vivo in una casa conventuale, ma per me la vita è rumore. Mi piace la città, amo gli amici. Ecco, quando è arrivata la notizia, ero a casa della mia amica Dacia Maraini, a Pescasseroli. Lei ha risposto al telefono. Ho capito dal suo volto che era successo qualcosa di grave. Improvvisamente non sentivo più niente. Avevo solo sete. Il mio corpo era sordo e aveva bisogno di migliaia di litri di acqua. Queste reazioni fisiche sono durate a lungo. Tutto quello che prima era morbido, flessuoso, ondulato, all'improvviso si era cristallizzato. I mesi passavano e io speravo di riacquistare l'udito. Poi, poco a poco, ho ricominciato ad ascoltare i rumori della vita. Dopo di lui non c'è stato nessuno, almeno non in modo continuativo».
È vero che voleva lasciarlo?
«Ora sta diventando di moda, ma quando io e Dacia giravamo con compagni più giovani, non era così accettato socialmente. In più, dopo 13 anni passati insieme ad Alberto, mi stavo stancando di quel modo d'amare. Lui era spinto dal desiderio, io mi sentivo più mentale. Sono sempre stata mentale, anche per reazione a mia madre, che era la mia amica nemica».
Su questo vostro rapporto lei scrisse con Dacia Maraini un libro diventato poi nel 1983 un film diretto da Marco Ferreri, con Hanna Schygulla protagonista.
«Ferreri e Hanna Schygulla trovarono un molto delicato per dipingere la figura di mia madre. Lei era una donna erotica molto complicata. Io ero una ragazzina di 14 anni. È vero che io vivevo con lei e che mia madre stava con i suoi uomini che poi diventavano i miei, ma è altrettanto vero che io poi ho cercato di allontanarmi. Mia madre era generosa, si dava con voluttà. E questo mi ha reso qualche volta un po' rigida, un po' principessa Turandot».
E suo padre?
«Ho cominciato a sedurre gli uomini per portali ai suoi piedi, per sacrificarli al suo onore perduto. Mio padre era un importante sindacalista e a causa della condotta scandalosa di mia madre da Bologna fu mandato in Veneto. Io volevo risarcirlo, ma era difficile».
Si è riconciliata con la figura di sua madre?
«Oggi posso dire che mi ha insegnato ad amare il mistero dell'amore in se stesso: non solo verso gli uomini, ma anche verso le amiche, che sono tante, e verso il pubblico, che adoro. Però allora avevo bisogno di allontanarmi da mia madre. Se non l'avessi fatto, non sarei qui. Proprio con il teatro e con il cinema, ho fatto in modo di diventare altro da me: altra signorina, altra donna, altra voce, altra storia».
Tra i registi con cui ha più lavorato c'è Marco Bellocchio (L'ora di religione, Fai bei sogni..).
«Per me Marco è un magnifico ragazzo che sa dirigere gli attori come pochi. Pensi solo a come ha fatto recitare il bambino protagonista di Fai bei sogni».
Ha mai desiderato avere un figlio?
«Continuo a percepirmi come figlia e non come madre. L'idea di mettere al mondo dei figli avrebbe significato per me mettere al mondo altri problemi».
Quando è avvenuta la sua svolta spirituale?
«Per tantissimi anni, ho seguito un percorso psicoanalitico con una donna meravigliosa, Emiliana Mazzonis, che era stata allieva di Melanie Klein. Dopo la sua morte, sono stata a lungo disorientata, anche se ho continuato alcuni anni con un altro bravissimo dottore. Quando, otto anni fa, ho incontrato il buddismo di Nichiren Daishonin, ho capito che stavo andando via dalla psicoanalisi».
Per andare dove?
«Non so ben spiegare quale forza morbida e potente fosse quella che mi stava portando via. Mi sono legata a Nichiren Daishonin (il monaco giapponese del 1200 che ha trasmesso la legge mistica del Sutra del Loto) come se fosse l'uomo di casa. Pregare mi fa diventare una persona più attenta e più saggia. È una preghiera che spinge all'azione. Non faccio in tempo a pensare che dovrei fare una certa cosa, e mi ritrovo ad averla già fatta senza sapere come».
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