Alessandro Sortino, una Iena alla tv dei Vescovi: è il direttore artistico di Tv2000

Alessandro Sortino, una Iena alla tv dei Vescovi: è il direttore artistico di Tv2000
di Carmine Castoro
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Domenica 3 Maggio 2015, 16:04 - Ultimo aggiornamento: 8 Maggio, 19:09
Garbo, ironia, grande sensibilità etica verso le tematiche più scottanti della modernità, un certo spirito barricadero, ma con una “illuminazione” in più, quella che gli deriva dal nuovo incarico di direttore artistico all’interno di Tv2000 (canale 28, Sky 140), la “televisione dei vescovi”, quella della Cei, dunque un coté professionale di chiara matrice cattolica. Alessandro Sortino, una delle ex Iene più seguite, si è imposto all’attenzione dell’opinione pubblica per un giornalismo scattante e aggressivo, da stilettata di fioretto, che fa più male di un colpo di mannaia perché arriva al cuore dei problemi e li fa sanguinare, creando urgenze, prese di posizione, una leggerezza reattiva nella coscienza di chi guarda.



Lo abbiamo apprezzato in tanti format di cui è stato autore e inviato, dalla famosa trasmissione di Davide Parenti al “Matrix” di Mentana, a “Presa Diretta”, fino alle sue ultime apparizioni su La7 con “Piazzapulita” di Formigli. Da lunedì 25 maggio e per sette settimane di fila scenderà in campo, anzi, in studio, per una nuova scommessa con i telespettatori, con questo “Beati voi”, raccolta di storie e testimonianze che attualizzano quello che fu il Discorso della Montagna tenuto da Gesù di fronte agli apostoli e a una gran folla di credenti in una località a nord del mar di Galilea vicino Cafarnao, le cui linee guida dottrinarie furono riportate nel Vangelo di Matteo e di Luca. Seppur, in questa seconda formulazione scritta, più corta della prima, alcuni abbiano visto una predicazione avvenuta in una occasione diversa.



Cosa rende “giornalisticamente” interessante questo discorso e particolarmente vibrante per le questioni sociali più calde della nostra contemporaneità? In quell’evento delle Sacre Scritture, ricorda Sortino, Gesù attribuì la “beatitudine” a tutta una serie di profili umani che, con maggiore evidenza, avrebbero potuto condividere il senso del dolore, della sofferenza, dell’esclusione, della Croce, raggiungendo un senso più alto di felicità e unione con se stessi perché direttamente implicati nell’esperienza della rinuncia e della resurrezione nel Regno dei cieli. Gesù proclama “beati” i poveri, gli afflitti, i misericordiosi, gli assetati di giustizia, i perseguitati, i puri di cuore, coloro che vengono insultati, coloro che vivono nel pianto, tutti quelli, insomma, che vedevano nelle loro stesse debolezze e nelle miserie inflitte dalla crudeltà altrui un viatico di salvezza e di avvicinamento agli insegnamenti della perfetta identità cristiana. Non a caso le beatitudini nascono in simmetrica opposizione ai sette peccati capitali, là dove l’accidia, la vanagloria, l’ira, la lussuria e altri baratri della carne e dell’anima corrodono dall’interno la persona e la allontanano da Dio.



“Ho voluto capire se è attuabile questo sentirsi beati, questa proposta di felicità che agisce sul contrario di quello che ci si aspetta, che si innesta proprio sul sentirci fortemente limitati dalla vita. Sono beati i poveri? Si può essere sorridenti, soddisfatti, appagati dentro di sé anche se non si possiede nulla o quasi? E i ricchi che meriterebbero l’inferno, allora? Domande a cui io non ho risposte, ed è per questo che si alterneranno nel programma le esperienze dirette di persone che ci verranno a raccontare le “loro” beatitudini e questa idea di sacro umano in cui consiste il vero senso del portare la croce sulla terra”, dice il popolare conduttore.



Non è questione di essere genericamente “buoni”, sottolinea Sortino, ma di assolvere, evidentemente, a una doppia funzione: da un lato, osservare come il messaggio cristiano più profondo e significativo si incarni nelle vicissitudini dei singoli, dall’altro, farsi portavoce e protagonisti di una televisione che alle opposizioni radicali, alle rivendicazioni urlate e all’indagine giornalistica di tipo tradizionale, contrapponga un modello di lettura più intimista e di self-help, per così dire. “Bisogna agire sulle infrastrutture sociali che sono le uniche cose che ancora si tengono in piedi – considera il “roscio” inviato ai cui guizzi sardonici siamo da anni piacevolmente abituati -; abbiamo praticato il conflitto, scaricato le tensioni sempre verso l’alto, verso i palazzi e le istituzioni, e io stesso ho abbracciato questa voglia di scoprire le verità più scomode, con onestà e facendo, per così dire, le domande giuste. Adesso serve uno sguardo più orizzontale, fare opera di ricostruzione, capire che si ottengono risultati maggiori e più lungimiranti se si guarda a chi è vicino a noi”.



Una “mission” che Tv 2000 sembra aver abbracciato in vari programmi di nicchia, con la nuova gestione del palinsesto da parte di un sempre arrembante e “trasfigurato” Sortino e con la direzione di un altro pezzo da novanta come Paolo Ruffini, e che va passo dopo passo irrobustita e resa più prossima alle pulsazioni della società civile con un incremento di share attualmente attestato intorno allo 0,7% medio, ma con punte fino al 2% sui tg. Tv 2000 resta pur sempre una emittente il cui zoccolo duro è fatto di rosari, preghiere e angelus, ma se l’orizzonte si allarga e un’etica rinnovata ci porta a capire meglio cosa fluisce oggi nelle maglie del sociale e nei recessi della quotidianità e delle lotte di ognuno, la bandiera allora non può che essere passata di mano in mano e piantata sugli stessi territori desertificati della politica e della convivenza dove tutti cerchiamo nuova linfa.



Sortino utilizza una bella immagine, dai tratti inquietanti: i container, carichi di merce stoccata, inutile spesso, e serva del consumismo più effimero e accatastato. “Come la comunicazione oggi – ricorda -, fatta più di scatole vuote che di linguaggi vivi. Il mio intento è cercare e trovare qualcosa in queste gigantesche scatole”.

Cercare, dunque, domandare, interrogarsi, più che fornire risposte un tanto al chilo e ipermediatiche. Una voce nel chiassoso silenzio dei talk e delle news imperanti, che sembra giusto condividere in nome di una nuova polis, di una nuova polifonia, dove le ideologie, le ortodossie e le singole appartenenze tornino a rappresentare note di uno spartito collettivo, di un racconto sincero, che ci muove finalmente verso verità condivise. Anche, e soprattutto oggi, col telecomando in mano.