Valentina, Claudia e Jessica: tre Violette per la Traviata di Valentino

Valentina Varriale è una delle tre Violette della Traviata in scena dal 12 gennaio al Teatro dell'Opera
di Simona Antonucci
4 Minuti di Lettura
Venerdì 11 Gennaio 2019, 19:05
«Violetta è una donna in cerca di riscatto. E lo cerca investendo sui sentimenti. A un certo punto della sua vita, scardina tutto. Non più il denaro come orizzonte, ma l’amore. Un tema più attuale che mai, visto che oggi tutto ruota intorno al denaro». Valentina Varriale, 37 anni, napoletana, bruna, con gli occhi neri accesi, è una delle tre Violette della Traviata che torna dal 12 gennaio al Teatro dell’Opera (repliche fino al 26) nell’allestimento creato da Valentino e Giammetti nel 2016, con la regia di Sofia Coppola.

Con lei Claudia Pavone, 30 anni, siciliana di nascita vicentina d’adozione. È stata selezionata dal maestro Riccardo Muti per uno studio sull’eroina verdiana nella sua Italian Opera Academy nel 2015 e da allora si è calata nella parte per cinquanta notti. «È una donna pienamente cosciente della sua identità e della sua malattia: ride dell’amore perché sa che non potrà mai avere un vero rapporto, sa che non avrà una lunga vita. Un ruolo complesso che necessita di un bagaglio musicale e umano. La prima volta ero giovanissima, mi trovai a dover scavare dentro di me a lungo per trovare qualcosa che assomigliasse a quell’intensità».

La terza voce del trio che a serate alterne ricoprirà uno dei ruoli più ambiti per un soprano è Jessica Nuccio, 33 anni, siciliana, mamma di un bambino di 5 anni, trapiantata a Milano. «È buona Violetta. E forte. Complicatissima da interpretare perché in ciascun atto presenta una personalità diversa. Leggera nel primo e poi sempre più intesa, da un punto di visto psicologico e vocale».

Croce e delizia, sacrificio e redenzione. Claudia sente così le diverse sfumature del personaggio. Valentina preferisce il secondo momento, quello della trasformazione «perché è quando lei fa valere l’orgoglio. Mi ci sento meglio. Del resto io non sono né frivola, come viene richiesto nell’inizio, né rassegnata come si sente lei, nel sacrificio finale».

Il sacrificio d’amore, un atto improponibile oggi? «No! Ma va applicato a diverse circostanze. Il sacrificio d’amore può essere anche quello di donna che decide di restare a casa con i figli», risponde Jessica, anche lei mora e appassionata, «senza altri svaghi se non la famiglia. Anche questo tipo di scelta è da valutare. In un’epoca in cui o sei in carriera, o non sei, fare la mamma è un po’ come immolarsi».

«Si fanno eccome i sacrifici d’amore», incalza Claudia, la nordica, «sarà che da quando avevo 7 anni vivo in mezzo alle eroine della lirica, ma io mi sento diversa dalle donne e dagli uomini di oggi che alla prima difficoltà si salutano».

Le eroine della lirica al centro del dibattito. «Sono un continuo spunto di riflessione», spiega Valentina che da Napoli si è trasferita a Montesacro, «e icone di riferimento. Io sono autonoma, lavoro, ma voglio conservare le mie fragilità e coltivare un senso di appartenenza, anche se sono sempre in giro».

Tutte e tre prese in un girotondo di treni, aerei, alberghi, sale prove, lezioni di canto. E di ginnastica. «Quando ho iniziato pesavo cento chili» racconta Valentina, «e l’agente mi disse: sei brava, ma un prodotto come te non si vende. Sono dimagrita, faccio ginnastica tutti i giorni, mi rendo conto che un fisico performante è più efficace, ma ormai siamo in piena crociata».

«Io ho scelto di cantare perché ero pigra e non mi andava da bambina di fare pallavolo. Assurdo che ora l’agente mi chieda di fare esercizio. Non ho mai avuto problemi di linea, fortunatamente, ma una volta sono stata scartata perché un po’ bassina...».

«Per fare carriera», conclude Jessica, «devi essere social, in forma, brillante.
Io sono asocial, preferisco vivere serena con qualche chilo in più. E credo fermamente che una voce grande abita in un corpo cicciottello». 
© RIPRODUZIONE RISERVATA