The Beggar's Opera di Carsen: ladri, prostitute e cocainomani conquistano Spoleto

The Beggar's Opera, regia di Robert Carsen. Ultima replica domenica 8
di Simona Antonucci
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Domenica 8 Luglio 2018, 09:54 - Ultimo aggiornamento: 10 Luglio, 17:22

Ladri, protettori, prostitute, poliziotti corrotti, cocainomani irrompono, inseguiti dalle sirene della polizia, nella platea del Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti: trascinano gli spettatori sotto i riflettori e li “sequestrano” per due ore, inchiodati ad ascoltare le loro storiacce da balordi. Occupando tutto lo spazio a disposizione nella sala, i cantanti-ballerini-attori saltano su e giù dal palco con i loro scatoloni pieni di merce trafugata, polvere da sniffare, soldi da riciclare e trasformano il pubblico in testimone oculare di ogni tipo di trasgressione.
 


È sorprendente come una commedia musicale, probabilmente la prima della storia, The Beggar’s Opera, che debuttò a Londra agli inizi del Settecento, possa sembrare scritta un paio di mesi fa da un drammaturgo, attento lettore delle pagine di cronaca dei nostri quotidiani. Ed è incredibile come avidità capitalistica, crimine, droga, corruzione e disuguaglianza sociale possano diventare ingredienti esilaranti. Ed è assolutamente miracoloso che melodie alla moda più di trecento anni fa risultino “popolari” nel Ventunesimo secolo.

L’altra sera, i miserabili, protagonisti dello spettacolo in cartellone al Festival dei 2Mondi fino a domenica 8,  hanno conquistato Spoleto. E il regista, il canadese Robert Carsen, è stato premiato da applausi scroscianti e dal direttore del festival, Giorgio Ferrara che gli ha consegnato alla fine dello spettacolo l’onoreficenza Carispo.

Carsen ha cominciato proprio a Spoleto la sua carriera, quarant’anni fa, come assistente di Menotti, e torna nella cittadina umbra a pochi giorni dal successo del Riccardo III, sua la regia con musiche di Battistelli, alla Fenice di Venezia, e prima di firmare due titoli chiave della prossima stagione del Teatro dell’Opera di Roma: l’Orfeo ed Euridice di Gluck a marzo 2019 e l’Idomeneo di Mozart a novembre 2019.

E in attesa del debutto romano (è la prima volta nella sua carriera internazionale), si gode il successo del suo mendicante, aggiornato, attualizzato (battute su Brexit, governi improvvisati, politici e finanziari corrotti), ma mai stravolto. Grazie al lavoro sullo spartito di William Christie e Les Arts Florissants, complesso specializzato in musica barocca, che si è presentato in scena con abiti da rapper e gli strumenti (d’epoca, preziosissimi) nascosti negli scatoloni insieme con la refurtiva. E grazie all’adattamento del testo dello stesso Carsen, insieme con Ian Burton, drammaturgo, (che ha firmato anche Riccardo III) tra i più autorevoli della scena contemporanea.

Gli interpreti hanno fatto il resto. Che non è poco. E soprattutto non è da tutti. Robert Burt, Beverly Klein, Kate Butter, Benjamin Purkiss, Kraig Thornber, Olivia Brereton, Emma Kate nelson, Sean Lopeman, Gavin Wilkinson, taite-Eliot Drew, Wayne Fitzsimmons, Dominic Owen, Natashia Leaver, Emily Dunn, Louise Dalton e Jocelyn Prah hanno cantato, ballato, esibendosi in vere e proprie acrobazie artistiche (e atletiche) e dando vita, tra i cartoni della scenografia, agile, ma geniale, a una sarabanda irresistibile che cavalca, generi e secoli.

Trasferendo ai nostri giorni il mood trasgressivo dell’opera settecentesca, riassunto e servito come una rasoiata dall’eroe maledetto: «I leoni, i lupi e gli avvoltoi non vivono insieme in orde o greggi.
Di tutti gli animali da preda, soltanto l’uomo è socievole. Ognuno di noi caccia il suo vicino, eppure viviamo insieme».

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