Il coreografo israeliano di base a Londra, attraverso il suo marchio distintivo ed esilarante, presenta uno spettacolo che combina insieme danza, teatro e musica guardando al passato e aprendo al contempo nuove strade. “Grand Finale” è allo stesso tempo comico, cupo e meraviglioso, evoca un mondo in caduta libera, pieno di energia anarchica e commedia violenta.
Una danza ai confini del mondo al suono dell’apocalisse, che potrebbe sembrare distopica, ma con il tipico “black humour”, firma del coreografo, nasconde un ottimismo leggero e fiducioso. È il talento di Shechter quello di analizzare ed esorcizzare, allo stesso tempo, i demoni del nostro presente.
«In ogni spettacolo tento di catturare il senso del tempo presente e di capovolgerlo, di mostrarne l’inverso - spiega Shechter - Nelle immagini e nelle sensazioni di “Grand Finale” riecheggia qualcosa del caos che ci circonda.
Noi, in quanto spettatori, non dobbiamo far altro che lasciarci trasportare dalle immagini e dalle emozioni, abbandonarci alla provocazione, al divertimento e dedicarci all’osservazione. Pensando al momento di crisi in cui viviamo, nessuno di noi si sente personalmente responsabile, siamo tutti osservatori. Ma in realtà ognuno è responsabile a suo modo».
Eseguita da una potente tribù di dieci danzatori accompagnati da sei musicisti, la coreografia si completa della colonna sonora a cura dello stesso Shechter e si mescola al set ricco e spiccatamente teatrale, fatto di elementi mobili di Tom Scutt in questa audace e ambiziosa nuova opera.
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