Furia e Xenos: dalle favelas ai soldati fantasma, la speranza è in ballo a Romaeuropa

Xenos di Akran Kham al Teatro Argentina per Romaeuropa
di Simona Antonucci
3 Minuti di Lettura
Martedì 17 Settembre 2019, 20:55 - Ultimo aggiornamento: 18 Settembre, 15:30

«Il movimento, la danza, trasformano la speranza in azione». Il coreografo Akram Khan traccia la linea che unisce il suo spettacolo a quello della collega brasiliana Lia Rodrigues: i due titoli che inaugurano stasera, 17 settembre, e domani, 18 settembre, la XXXIV edizione del Romaeuropa Festival. Furia e Xenos. 
 

 


Il primo (da questa sera al 19 settembre al Parco della Musica) energico, visionario, tagliente, è un affondo, furioso, sulle dinamiche di sottomissione e potere, sulle possibilità di essere uguali nella creazione come nella vita: a metterlo in scena danzatori che si sono formati nel centro (L’Art Centre of Maré e l’Escola Livre de Dança da Maré) che la Rodrigues ha fondato nel 2003 in una favela, Maré, una città di 140mila abitanti nel cuore di Rio de Janeiro.
 


«Furia», spiega Rodrigues che ha scelto musiche e ritmi tribali della Nuova Caledonia, «non attiene solo all’essere furiosi, ma all’energia che serve per parlare di sogni e di realtà. Con questo lavoro la danza si coniuga all’impegno. Perché non siamo solo il Paese del Carnevale, siamo una Capitale della violenza, dove ogni 23 minuti muore un ragazzo nero. La storia varia a seconda di chi la racconta: noi diamo voce, ritmo e gesto a chi è sempre rimasto all’ombra della narrazione dominante».

Ed è ai Sepoy, l’esercito fantasma della Prima Guerra Mondiale, che è dedicato l’assolo, l’ultimo, di Akram Khan,
Xenos (al Teatro Argentina, da domani, 18 settembre, a venerdì 20). «Sono cresciuto senza sapere che ci fossero migliaia di indiani, persone del mio popolo, a combattere in Europa», racconta il coreografo nato a Londra da una famiglia di origini bengalesi, «uomini mandati morire senza che nessuno lo raccontasse».
 


In Xenos, Khan entra nella pelle di un personaggio che rappresenta milioni di soldati nelle Colonie, individui cancellati, omessi dai resoconti ufficiali. «L’arte può cambiare le cose?», si domanda Khan, «mi piacerebbe pensarlo. Viviamo tempi pericolosi e il cammino va condiviso. L’arte serve sicuramente a cambiare il nostro modo di considerare il tempo. Noi siamo abituati a pensare che il passato sia dietro le spalle e il futuro davanti a noi. Ho imparato durante un viaggio nel cuore dell’Amazzonia che ci sono popoli e pensatori che credono nel percorso inverso: il futuro di cui non sappiamo nulla ci segue, mentre possiamo, dobbiamo, guardare in faccia il passato e non dimenticarlo».

Per la sua coreografia, in cartellone anche a Torino Danza, il 25 e il 26 settembre, utilizza il linguaggio contemporaneo e l’indiano kathak. Musiche di un italiano, Vincenzo Lamagna, e del silenzio «perché è proprio durante quegli attimi di sospensione che il pubblico sente». I due debutti danno il via a una maratona di appuntamenti fino al 24 novembre: 377 artisti provenienti da 27 paesi sono protagonisti dei 126 eventi in scena in 22 palcoscenici della capitale, lungo un percorso intitolato “Landscape”, paesaggi del contemporaneo tra danza, teatro, musica, arti digitali e kids.

Furia: Parco della Musica, via de Coubertin, da oggi al 19, ore 21. Xenos: Teatro Argentina, largo di Torre Argentina, dal 18 al 20, ore 21 

© RIPRODUZIONE RISERVATA