Il soprano Roberta Mantegna: «Il mio surreale debutto alla Scala»

Roberta Mantegna nel ruolo di Imogene in Il Pirata di Bellini, alla Scala, sabato 14 e il 19 luglio (foto Brescia & Amisano)
di Simona Antonucci
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Sabato 14 Luglio 2018, 18:39 - Ultimo aggiornamento: 16 Luglio, 21:28

«Penso che quell’attimo di vuoto prima di entrare in scena te lo devi godere. Del resto, o impazzisci di ansia o impazzisci di gioia. Io scelgo la gioia. E mi abbandono». Roberta Mantegna, cantante lirica palermitana, 29 anni, primadonna della Scala, nel ruolo di Imogene in Il Pirata di Bellini, con Riccardo Frizza sul podio e la regia di Emilio Sagi.
 

 


Un debutto assoluto. Ma anche un ritorno. Dopo l’esordio da favola, accolto da ovazioni, «o surreale», come racconta lei, in sostituzione del soprano Sonya Yoncheva che alla fine del primo atto, della seconda rappresentazione, ha avuto un calo di pressione e ha rinunciato a tornare in scena.

Il capolavoro del Belcanto torna al Piemarini dopo 60 anni (nel ‘58 Antonino Votto dirigeva Maria Callas, Franco Corelli ed Ettore Bastianini) ed è considerato un evento assoluto: oltre a Yoncheva, cantano (repliche fino al 19) Piero Pretti, Nicola Alaimo, Francesco Pittari, Riccardo Fassi, Marina De Liso. E Roberta Mantegna, nel secondo cast.

Diplomata al Bellini di Palermo (tutto torna!), vince un concorso ed entra nel coro del Petruzzelli di Bari: «Primo lavoro», racconta Mantegna, «tre anni fondamentali e poi un altro provino a Roma». Diventa il fiore all’occhiello di Fabbrica, il progetto per nuovi talenti del Teatro dell’Opera. Debutta al Costanzi con Maria Stuarda, sempre in corsa al posto della protagonista malata, e poi (a gennaio) in Masnadieri. Ora è sotto i riflettori della Scala: il 14  e il 19 luglio.

Quando ha saputo di dover entrare in scena al posto del soprano bulgaro?
«Cinque minuti prima. Sapevo che Sonya non stava bene e mi avevano avvisato di rendermi reperibile. Ma la sentivo cantare. Il primo atto era finito regolarmente. E quindi mi ero tranquillizzata, sicura che il peggio fosse passato. Poi, all’improvviso: vai tu».

Dov’era?
«Avevo appena finito di mangiare una pizza. Stavo per prendere un gelato. Mi hanno vestita in un lampo. L’intervallo era agli sgoccioli e io dovevo ancora indossare gli abiti».

Il primo pensiero.
«Esilarante. Mi sentivo protagonista di una barzelletta».

E l’ultimo, a fine replica, prima degli applausi?
Oddio, ora mi buano».

Che cosa le ha detto Sonya Yoncheva?
«Io a lei: ti prego di non farmi più questi scherzi. Lei a me: Dai che hai rotto il ghiaccio».

Lei è entrata giovanissima nel coro di Bari: ha mai avuto paura che la sua carriera potesse fermarsi lì?
«Sì, ma l’avevo presa con filosofia. Un posto fisso a 24 anni! Un periodo importante, ma dopo tre stagioni ho fatto le valige. Ho rinunciato a un contratto per trasferirmi a Roma, a Fabbrica del Teatro dell’Opera. Meno soldi, ma ho incontrato chiunque, artisti, direttori, cantanti, agenti».

E ha cominciato a lavorare.
«Sì, la Norma, a Treviso. Forse Bellini è il mio nume tutelare. Poi Stuarda e Masnadieri a Roma».

Che cosa deve ai Masnadieri?
«Tutto. Coraggio, consapevolezza fisica e vocale. Con Amalia, sono diventata una donna».

Che cosa le ha dato Fabbrica?
«Molto. La forza della squadra».

La pizza le porta fortuna?
«Non sono scaramantica, purtroppo sono molto golosa».

Il cibo è un problema?
«Il cibo è consolatorio. Dovrei soltanto riuscire a consolarmi un po’ meno».

Lei si piace?
«A periodi. Ora devo ricominciare a lavorarci un po’».

Una palermitana che debutta alla Scala con un ruolo “siciliano”. Destino?
«Forse sì. È un ruolo che mi sento cucito addosso.
Mi sta comodo. E soprattutto adoro pensare che in cielo ho una stella del Sud». 

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