Roberta Mantegna al Teatro dell'Opera: «Canto Verdi e sogno un duo con Baglioni»

Il soprano palermitano Roberta Mantegna
di Simona Antonucci
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Giovedì 5 Dicembre 2019, 23:09 - Ultimo aggiornamento: 23:45

«Se ho un sogno? Oltre a quello che sto vivendo qui, cantando nel ruolo di protagonista per l’inaugurazione del Teatro dell’Opera? So che dovrei rispondere di no, che sono già dentro una favola. La mia prima “prima”. E invece... Un altro sogno io ce l’ho. Incontrare Baglioni e proporgli un duetto».

Roberta Mantegna, 31 anni, palermitana, è Hélène, duchessa d’Austria, cuore dei Les vêpres siciliennes che il 10 dicembre aprono la nuova stagione del Costanzi: grand opéra in francese di Verdi con il maestro Daniele Gatti sul podio, Richard Peduzzi alla scenografia, Valentina Carrasco alla regia (repliche fino al 22).

 

 


Mantegna, soprano lirico anche quando parla, si è guadagnata questo debutto, passo dopo passo (studi di canto e piano al conservatorio della sua città, coro delle voci bianche al Massimo, coro del Petruzzelli di Bari, concorso per nuovi talenti all’Opera di Roma), ma anche con incredibili accelerate. Una sostituzione in corsa nella Stuarda al Costanzi, il ruolo di Amalia nei Masnadieri, sempre al Costanzi, fino a quando, a luglio scorso, sotto i riflettori della Scala, diventa Imogene nel Pirata di Bellini, al posto di Sonya Yoncheva che alla fine del primo atto ebbe un calo di pressione: «Avevo appena finito di mangiare una pizza. Stavo per prendere un gelato. Mi hanno vestita in un lampo. L’intervallo era agli sgoccioli e io dovevo ancora indossare gli abiti. Mi sono sentita protagonista di una barzelletta».



E il sogno di fare un duetto con Baglioni è una barzelletta o è verità?
«Tutto vero. Ho letto sui manifesti qui in teatro dei concerti di Claudio quest’estate a Caracalla. Pensavo di comprare tutti i biglietti, ma niente. In quei giorni canto qui Luisa Miller. E subito dopo devo correre alla Fenice. Disperata. Poi l’idea: se non posso andare io da lui, magari può venire lui da me. All’Opera. Chissà. Mi vengono i brividi. E se mai dovesse arrivare, appunto, come nei sogni, gli direi: inventiamoci un duo. Amore bello, amore... Inseguo questo pensiero, forse per non concentrarmi su che cosa mi sta succedendo. Del resto, tra impazzire di ansia o impazzire di gioia, preferisco la gioia».

Che cosa le sta succedendo con questa prima? Un cambio di passo nella sua carriera?
«Dopo aver preso tutta la mia vita come un gioco, ora la responsabilità è arrivata. E anche lo stress. Il teatro dove sono venuta fuori, punta su di me per l’inaugurazione. E che inaugurazione. Les vêpres sono un kolossal».

Come combatte lo stress?
«Ho tutto un mio training. Prendo in giro la mia voce».

Cioè?
«Le parlo, dico alla mia voce di stare tranquilla, che andrà tutto bene. Lavoro sulla fiducia, sull’abbandono. Mi ripeto: è più di un mese che studio, coach francese, il maestro Gatti, la regista. Il paracadute è costruito, ora mi devo buttare».

L’incontro con Gatti?
«Alla prima audizione c’era un’atmosfera da esame. Ma io come vedo un muro, cerco di romperlo, anche perché è nelle situazioni rilassate che riesco a dare il meglio. Superata l’audizione è nato uno scambio prezioso. Lui ha presentato la sua idea sullo spartito, ma si è reso disponibile al confronto. Un lavoro così, parola per parola, non l’avevo mai fatto».

Eppure studia da quando aveva otto anni.
«Canto e pianoforte. Dovevo stare attenta a tutto, niente motorino perché non potevo rischiare di farmi male alle mani e niente scorribande per l’incubo del mal di gola. Poi saluto mamma e papà e vado a studiare a Monopoli con un’insegnante che mi rivoluziona tutto. Mi disse: la tua voce da lirico leggero non è adatta alla tua personalità. È vero, non sono un fuscellino. Ed eccomi un soprano lirico tendente al drammatico».

La sua personalità è anche siciliana?
«Ne sa qualcosa la regista. Quando nei Vespri mi prende il fuoco, Carrasco mi ricorda: sei una duchessa. Invece in quei momenti penso alla mia terra un po’ trascurata e ai siciliani che dovrebbero ribellarsi, come nei Vespri».

Dopo i Vespri ha un impegno dopo l’altro. Ha tempo per l’amore?
«Una domanda di riserva? È difficile. Ogni mese cambio posto. Io non arrivo a fidarmi e gli uomini sanno che presto andrò via. La solitudine mi spaventa. Ma mi sono data 10 anni di tempo».

E poi?
«Avvio le pratiche per un’adozione. Devo trovare il modo di dare amore. A proposito d’amore, mi è venuto in mente un altro sogno. Posso?».

Prego.
«Buttarmi con il paracadute. L’ho fatto tante volte, metaforicamente. E ora vorrei proprio volare». 

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