Mattia Torre: «La mia pièce sul ciclo mestruale: una macchina ormonale perfetta»

Il drammaturgo, scrittore, Mattia Torre, autore della commedia Perfetta, con Geppy Cucciari
di Simona Antonucci
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Giovedì 1 Novembre 2018, 20:58
Il ciclo mestruale sotto i riflettori. Declinato in tutte le sue sfumature, pre, post, ovulatorie, follicolari, apocalittiche, è protagonista sul palcoscenico del teatro Ambra Jovinelli, grazie alla penna di Mattia Torre, drammaturgo tra i più rappresentati in Italia, firma televisiva, cinematografica, letteraria e di cult come Boris, Il migliore, La linea verticale.

«Prima di trasformare questo materiale tabù in pièce teatrale, ne ho parlato con mia moglie che fa l'ostetrica, con delle amiche molto severe e con Geppy Cucciari cui ho pensato da subito come protagonista. E non è che il timore di beccarmi qualche sassata non l'abbia avuto. Anzi, ci penso tutte le volte che si apre il sipario. Ma la tentazione e la curiosità di mettere mano a questa incredibile e potente macchina ormomale hanno spazzato via remore e prudenza», spiega l'autore, romano, 46 anni nel presentare Perfetta, in scena a Roma fino all'11 novembre e poi in tour.

Quattro i giorni presi in esame: tutti i martedì di un mese della vita di una donna. Identici nella routine familiare, lavorativa, affettiva, ma assolutamente diversi se letti sotto un'altra lente, quella fisiologica che ingrandisce emozioni, percezioni, umori.
«La donna vive tra la linearità della società e la ciclicità della natura», spiega Torre, «e questo conflitto lo ha trasformato in tesoro, forza».

Un uomo che parla di femminilità. Nessuna le ha mai detto: ma lei che ne sai, ma lei che vuole?

«Certo. Ho scelto un terreno scivoloso. Mi ricordo bene lo sguardo di Geppy quando le ho sottoposto questa idea... Ma la forza della narrazione teatrale è proprio questa. Poter parlare di tutto. E affrontare tabù. Dallo spettacolo, che è assolutamente ironico, viene fuori una figura mitologica, una donna che dalle diversità delle sue giornate sa trarre risorse. Si parla di famiglia, di amicizia, di rapporti umani e lavorativi, ma sullo sfondo troneggia l'eterno scontro tra la linearità maschile e la ciclicità femminile che la società ignora e sottovaluta».

Sei isterica perché hai il ciclo, sei un bijoux perché stai ovulando: non le è venuto in mente che potrebbero essere proprio le donne a voler ignorare tutto questo?

«Il mio è un racconto.
L'importante è che sia onesto e autentico. Io ero incuriosito e attratto dall'idea di voler affrontare qualcosa di cui si parla sempre con molto imbarazzo e non se ne sa granché
».

Un esempio di martedì premestruale o follicolare?

«Il rapporto di Geppy con la ragazza che viene a farle le pulizie. Si va dal fastidio di doverle passare quasi tutto lo stipendio guadagnato vendendo automobili, alla comprensione totale, sfiorando il tentato omicidio. Per finire con una luminosa accettazione e connessione con la natura».

Le sue quattro fasi di scrittura? Tv, teatro, cinema, libri, lei come le connette?

«Considerando tutto un grande privilegio».

Dopo molti lavori amari, ironici e scanzonati, in
La linea verticale ha raccontato in po' di se stesso in un'Italia, quella della corsia di un ospedale, solidale e umana. La paura di morire modifica lo sguardo sulla vita?
«Non credo in questa ricetta. Stare male è sempre un peccato».

Quale Italia ci presenterà in futuro? Quali progetti ha?

«Mi sto concentrando sulle famiglie. In un'epoca in cui stiamo tutti in fuga da tutto voglio parlare delle difficoltà che si vivono quando si decide di stare dentro le cose. Avevo affrontato questo tema in un articolo un paio di anni fa. Mastandrea lo ha letto in tv da Cattelan e dalle risposte sui social ho capito che la temperatura è alta. Ne faró un film».

Con l'inseparabile Mastandrea?

«Penso proprio di sì. Quando gli propongo in progetto, Valerio mi dice: tu prepari l'ordigno e poi mandi me a farlo saltare...».

Al Teatro Ambra Jovinelli, via Guglielmo Pepe, Roma. Fino all'11 novembre
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