Mario Martone: «Il passato va ricaricato, “reloaded”, come il mio Tango glaciale»

Tango Glaciale Reloaded, al Teatro Vascello fino a domenica 28 ottobre
di Simona Antonucci
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Sabato 27 Ottobre 2018, 21:50
«Il passato non puoi perderlo, né rimpiangerlo. Devi ricaricarlo. Perché guardare indietro, alle nostre radici, ti dà il coraggio per affrontare il futuro». Mario Martone ha tirato fuori dal passato il suo Tango Glaciale, lo ha “ricaricato”, e messo in scena “reloaded” dopo quasi quarant’anni (al teatro Vascello fino a domenica 28 per il Festival RomaEuropa).

E ha riproposto alla Festa del Cinema il suo
Amore Molesto, film del 1995, appena acquistato dagli Stati Uniti, e riproposto in versione restaurata, durante gli Incontri Ravvicinati con il pubblico dell’Auditorium. Tappe di un viaggio a ritroso nel tempo, iniziato con la mostra al Madre di Napoli e culminato in questi giorni a Roma. Era il 1982 quando a Napoli ci fu il debutto di un evento indefinibile, tra teatro, danza, musica rock, approccio pop, contenuti colti. A dar vita a uno dei primi spettacoli multimediali, oltre a Martone alla regia, Andrea Renzi, Tomas Arana e Licia Maglietta, membri della Compagnia Falso Movimento. Ora torna con un nuovo cast: Jozef Gjura, Giulia Odetto, Filippo Porro. «Ho lavorato al Teatro Nest nelle periferie di Napoli con giovani in trincea, proprio come eravamo noi».

Non teme l’effetto “naftalina”?
«Una paura che ho superato da anni. Quanti miei lavori guardano al passato?
Il Giovane favoloso, Noi Credevamo, ma anche l’ultimo Capri-Revolution. Più che operazioni “nostalgia” o naftalina, io le considero operazioni di coraggio. Non si può fare terra bruciata. Ricordare è fondamentale. E in alcuni momenti, diventa un atto rivoluzionario».

L’eredità degli anni Ottanta?
«Fu un periodo vitale e tragico.
La creatività esplodeva insieme con il piombo. Anni duri, certo, ma tante delle conquiste di cui oggi tutti godono sono frutto proprio di quella spinta.
Tango Glaciale fu un’espressione piena di quei tempi. L’illusione era il motore di una totale libertà espressiva che si appropriava di nuovi linguaggi e di nuove tecnologie. In scena venivano utilizzate diapositive, filmati girati in Super8. Per ricostruirlo c’è voluto una lunga ricerca d’archivio e un attento intervento di restauro».

Ha ancora un valore l’espressione “avanguardia teatrale”?
«Uno spettacolo, un’opera in generale è d’avanguardia se riesce a parlare al contemporaneo. Ed è viva, o ancora viva, se riguarda la vita».

Riproporre oggi L‘Amore molesto rientra nel suo bisogno di rileggere il passato?
«È l’opera di una scrittrice prodigiosa, Elena Ferrante.
L’amica geniale è un altro chiaro esempio. Mi piacerebbe riprendere il rapporto lei».

Il cammino a ritroso è un bisogno interiore, oltre che artistico?
«Ho cominciato con la mostra al Madre di Napoli, ho selezionato ore di filmati e li ho rimontati in un flusso tra archivio e performance. Avevo desiderio di guardare me stesso, perdendomi un po’ nel labirinto della memoria. E la cosa che mi ha commosso di più sono stati i ragazzi di oggi che si sono ritrovati nei ragazzi di ieri. E hanno riconosciuto la vitalità di quasi quarant’anni fa come qualcosa che pulsa ancora. Napoli ha i suoi problemi, ma quanto a creatività artistica è imbattibile».

Teatro Vascello, via Carini 78. Sabato 27 ottobre, ore 21. Domenica 28 ottobre, ore 17
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