Il Flauto magico di Kosky: «Tra cinema muto e vaudeville»

Il Flauto Magico, regia di Barrie Kosky, al Teatro dell'Opera di Roma fino al 17 ottobre
di Simona Antonucci
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Mercoledì 10 Ottobre 2018, 18:07

Lo spettacolo è a due dimensioni. E a tre. I cantanti sono sospesi a otto metri d’altezza per potersi affacciare alle finestre che si aprono sul mega schermo bianco che sovrasta la scena e su cui scorre il Flauto Magico di Barrie Kosky. Un’opera che è stata applaudita da mezzo milione di persone, in tre diversi continenti, prima di arrivare per la prima volta in Italia. Per preparare l'allestimento al Costanzi di Roma (repliche fino al 17 ottobre, sul podio Henrik Nànàsi), ci sono volute sei settimane di prove durante le quali il cast ha imparato a dare volto e voce a questa sorprendente diavoleria di animazione, nata dalla fertilissima collaborazione tra il regista australiano, direttore della Komische Oper di Berlino, e la squadra teatrale londinese “1927” di Barritt e Andrade.
 

 

Un lavoro difficilmente classificabile. Kosky, ci spieghi lei come ha trasformato il Flauto magico di Mozart.
«È una grande sorpresa. Il pubblico esperto che ha già visto altre produzioni di questo titolo resterà colpito dal linguaggio utilizzato, così inusuale per la lirica: video e vaudeville, cinema muto e tecnologia. E chi invece non ha mai visto l’opera, probabilmente non la riconoscerà come un’opera».

Roma è la 23esima città in cui viene rappresentato. Si mai chiesto il perché del successo?
«Il Flauto magico di Mozart è un lavoro particolare, non è Parsifal e non è neanche una soap opera. È una favola magica, sogno, fantasia, ma anche vaudeville. Nacque in una sala particolare, il Theater auf der Wieden che era nell’allora periferia di Vienna. Un “teatro del popolo”, diretto da Schikaneder, librettista e impresario de Il flauto magico. C’era un’atmosfera ben diversa da un classico teatro d’opera, con spettacoli di cabaret e vaudeville, cui io mi sono ispirato».


Lo spettacolo del suo Flauto è anche dietro le quinte.
«Dietro, tutto gira a una velocità inimmaginabile. I cantanti, legati con cinture di sicurezza, sono sospesi in aria anche a otto metri d’altezza. E almeno venti tecnici lavorano soltanto alle finestre da cui si affaccia il cast, in punti diversi dello schermo su cui scorre l’animazione».

Ma i cantanti che dicono?
«Chi soffre di vertigini ha dovuto rinunciare. Atri, invece, troppo alti, li abbiamo dovuti sostituire perché era impossibile collocarli in corrispondenza delle varie aperture. Ma la vera complicazione sta nell’imparare a interagire con lo schermo. Devono recitare guardando l’animazione e non il collega. Sei settimane di prove sono essenziali. Ormai è nata una vera e propria famiglia del Flauto magico che gira il mondo».

Ha reinterpretato anche le figure di Pamino, Tamina, Regina della notte?
«Sono tutti un po’ ripensati come personaggi del cinema muto. Papageno, per esempio, ricorda Buster Keaton, Monostato è Nosferatu, Pamina è la classica attrice degli anni del cinema muto».

L’opera ha bisogno di forti idee registiche per attrarre pubblico?
«L’opera ha bisogno di essere sostenuta da finanziamenti pubblici perché gli allestimenti sono molto costosi. E naturalmente di buone idee».

Molti direttori d’orchestra sostengono che un certo tipo di regie sovrasti la musica.
«Sbagliano. Un’opera è 50 per cento musica e 50 per cento teatro, luce, costumi, scene, interpretazione».

Molte fondazioni liriche italiane versano in difficoltà economica.
«Il teatro che dirigo a Berlino, Komische Oper, è finanziato all’87 per cento dal Comune di Berlino. Questo mi dà certezze nel poter creare opere come il Flauto magico e mi consente di vendere biglietti anche a 12 euro. A Berlino il cinema costa di più».

Molti cinema ora proiettano opere. Fa bene o fa male alla lirica?
«Il futuro della lirica non è nel grande schermo. È un’operazione di marketing che non guarda avanti.
Bisogna spiegare alle persone che un’opera è qualcosa che succede al buio, in una sala, dove c’è qualcuno sul palco che canta senza amplificazione e dove c’è uno spettacolo dal vivo che ti regala emozioni da vivere insieme con chi è lì con te». 

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