Sul palco, uno spettacolo inedito, che unisce lo storico “Work in progress” di Calder, con i suoi celebri “mobiles” e rappresentato al Costanzi l'11 marzo del 1968, al nuovo lavoro di Kentridge, “Waiting for the Sibyl”, pensato proprio come risposta all'installazione dell'artista statunitense.
Un'occasione unica per allargare i confini del teatro musicale aprendosi all'arte ma soprattutto per rivivere un grande evento (uno dei momenti più alti della storia dell'Opera di Roma) anche grazie alla presenza di Filippo Crivelli, che 51 anni fa prese parte allo spettacolo di Calder e che oggi lo cura per questa ripresa.
“Work in progress” è un'avventura caleidoscopica di circa 20 minuti in cui i “mobiles”, le forme in movimento pensate dalla vivida fantasia di Calder divengono immagini teatrali, coordinate da Giovanni Carandente e presentate dalla voce di Crivelli, su musiche registrate di Niccolò Castiglioni, Aldo Clementi e Bruno Maderna: senza trama, lo spettacolo racchiude in sé una sorpresa dopo l'altra, in un collage emozionante in cui le parti sonore e quelle visuali sono in perfetto, caotico equilibrio.
«Con Calder c'era un rapporto di stupore, lui era un uomo dal candore felice», ricorda Crivelli, «lo spettacolo è una specie di sogno, per sottolineare i mondi di Calder, il movimento dell'aria che nelle sue forme è perenne».
E aggiunge: «Sono l'ultimo testimone di questo difficile spettacolo, di fronte al quale si sta attoniti e si resta senza parlare».
La proposta di pensare a un lavoro che in piena libertà artistica proseguisse idealmente le visioni di “Work in progress” è arrivata a Kentridge nel 2017, in occasione della sua presenza a Roma per la “Lulu” di Alan Berg: una sfida subito raccolta con l'obiettivo «di non fare una copia più povera di quello spettacolo», afferma l'artista e regista sudafricano, «ho pensato al movimento delle opere di Calder, mai fissate, sempre così instabili, e ho lavorato su strutture che creano caos e poi trovano senso».
In “Waiting for the Sibyl” (otto brevi scene, senza parole, con musica composta ed elaborata da Nhlanhla Mahlangu e Kyle Shepherd), per il suo dialogo privilegiato con Calder, Kentridge sceglie di partire dai frammenti di carta e dal mito della Sibilla Cumana: «La mia è un'opera sul futuro, sulla Sibilla che lo conosce e su noi che non possiamo conoscerlo», spiega, «mi avvicino a Calder con fogli e foglie: dalla Sibilla si va a scoprire il proprio di destino scritto sulle foglie, ma il vento le disperde, e non sai mai se ciò che hai davanti è il tuo destino o quello di un altro».
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