Per la “prima”, in arrivo in città, oltre ai sovrintendenti di molti lirici italiani, anche i parenti pugliesi e siciliani del regista che già pensa alle prossimi opere, Carmen, Manon o Simon Boccanegra. Un amore profondo, quello per la lirica, che proviene dal padre Nicola che cantava a memoria tutto “Il Trovatore”. «Conoscevo Verdi, soprattutto l'Otello e la Traviata, ma quando mi hanno affidato il Rigoletto - ha spiegato l'attore di Brooklyn - non ho esitato. Il Settecento, scelto con lo scenografo Francesco Frigeri, e il costumista Marco Piemontese, è un secolo di decadenza e di estrema eleganza, ma un periodo in cui il mondo sembra dover crollare da un momento all'altro».
«Non troverete nulla di cinematografico - ha continuato il regista - cinema e teatro sono due mondi irriducibili, lì si può tagliare e gli attori si possono guardare negli occhi, qui non c'è proprio nulla da tagliare e gli occhi sono rivolti tutti al direttore d'orchestra, Stefano Ranzani, che mi ha saputo guidare, prendendomi per mano, per attraversare l'anima stessa del capolavoro verdiano».
Il soprintendente Francesco Giambrone ha sottolineato il doppio debutto, quello di Turturro e quello del soprano Maria Grazia Schiavo nel ruolo di Gilda. Mentre il sindaco Leoluca Orlando ha regalato una cravatta a Turturro con il simbolo di Palermo Capitale e lo ha ringraziato in modo particolare «per il dono che ha fatto alla città presentando qui la sua prima regia di un’opera lirica».
Turturro ha commentato positivamente la nuova atmosfera della città, vent'anni dopo la sua ultima visita: «Nell'87 - ha risposto - vedevo i carrarmati davanti
alla prigione e in altri punti della città, oggi c'è uno straripare di eventi e di mostre».
Il sindaco ha inoltre colto l’occasione di questa produzione per «un elogio per i laboratori di Brancaccio, che sono un elemento fondante delle produzioni del Teatro Massimo. Il Teatro Massimo, con l’Orchestra, il Coro, il Corpo di ballo e appunto i laboratori di Brancaccio, è un’azienda completa, ed è in qualche modo la bandiera di questa città».
Le scene di Francesco Frigeri per Rigoletto infatti sono state interamente costruite nei laboratori di Brancaccio del Teatro Massimo; l’azione si colloca alla fine del XVIII secolo, in un palazzo in decadenza, così come i costumi di Marco Piemontese e le luci di Alessandro Carletti descrivono una società debosciata fisicamente e moralmente, dove gli specchi offuscati, la nebbia e i costumi di colori cupi concorrono a mettere in risalto il candore di Gilda, unico elemento di purezza, poi progressivamente macchiato dal rosso della passione e del sangue.
A completare il team creativo Cecilia Ligorio, coordinatrice del progetto registico, Benedetto Sicca, regista collaboratore, e Giuseppe Bonanno che cura le coreografie. Lo spettacolo, dopo il debutto palermitano, viaggerà in Italia, in Cina e in Belgio: si tratta infatti di una coproduzione con il Teatro Regio di Torino, la Shaanxi Opera House e l’Opéra di Liegi.
Sul podio dell’Orchestra del Teatro Massimo salirà Stefano Ranzani, la cui collaborazione con il Teatro Massimo prosegue ormai da venticinque anni. Nel cast l’atteso debutto nel ruolo di Gilda del soprano Maria Grazia Schiavo, che si alternerà con Ruth Iniesta (che il pubblico palermitano ha già applaudito nei Puritani di Bellini ad aprile). Nel ruolo del Duca di Mantova alla prima canterà il venticinquenne Ivan Ayon Rivas, in sostituzione di Giorgio Berrugi, ricoverato in ospedale (nella recita di domenica 14 canterà invece Stefan Pop); i panni di Rigoletto saranno vestiti da George Petean in occasione della prima, da Amartuvshin Enkhbat e da Leo Nucci (per le due recite del 18 e del 20 ottobre).
Il Coro del Teatro Massimo sarà diretto da Piero Monti.
In scena anche il Corpo di ballo del Teatro Massimo. Repliche fino al 21 ottobre.
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