Isabelle Huppert al teatro antico di Pompei: «Con Cechov mi sento una Pelè del palcoscenico»

Isabelle Huppert in Il Giardino dei ciliegi al Teatro antico di Pompei dal 23 luglio
di Simona Antonucci
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Mercoledì 21 Luglio 2021, 16:46

«Ognuno di noi ha un suo Giardino dei Ciliegi. Una stanza, un sogno, un ricordo dell’infanzia. Un giardino segreto dove conservare il passato e coltivare le speranze del futuro». Isabelle Huppert è protagonista assoluta dello spettacolo firmato dal portoghese Tiago Rodrigues La Cerisaie (Il giardino dei ciliegi) di Čechov che, dopo aver inaugurato il 5 luglio il Festival di Avignone, andrà in scena in prima italiana al Teatro Grande di Pompei da venerdì 23 a domenica 25 (in francese con traduzione).

New York Times

Sabato, alle 12.30 al Teatro Mercadante, l’attrice francese (che il New York Times definisce “migliore attrice del ventunesimo secolo”) incontrerà Roberto Andò, direttore del Festival Pompeii Theatrum Mundi, insieme con il 44enne regista dello spettacolo, neo direttore del Festival d’Avignon, astro della scena contemporanea europea. Maratona italiana per Huppert che è attesa anche a Bologna, il 27, per un reading a Piazza Maggiore in occasione della serata conclusiva della rassegna “Il Cinema Ritrovato”.

Tiago Rodrigues

Con la traduzione di Françoise Morvan e André Markowicz, in scena a Pompei con Isabelle Huppert, gli attori Isabel Abreu, Tom Adjibi, Nadim Ahmed, Suzanne Aubert, Marcel Bozonnet, Océane Cairaty, Alex Descas, Adama Diop, David Geselson, Grégoire Monsaingeon, Alison Valence, e i musicisti Manuela Azevedo, Hélder Gonçalves. Le scene sono di Fernando Ribeiro; il disegno luci di Nuno Meira; i costumi di José António Tenente. Musica di Hélder Gonçalves (composizione) e Tiago Rodrigues (parole); il suono di Pedro Costa.

Il regista Tiago Rodrigues ha detto di lei: “è un po’ come essere un allenatore di calcio e avere Pelé davanti. Non le diciamo cosa fare, perché sa fare la stessa mossa in mille modi”. La diverte essere paragonata a un goleador?

«Beh sì. A pensarci ci sono molte cose in comune tra teatro e football. L’area di gioco, come il palcoscenico, è uno spazio definito, con dei limiti e delle regole. Lì dentro devi tirare fuori il meglio di te. E una partita può essere molto spettacolare».

Lei, genio del dribbling teatrale, con la capacità di rischiare e di tuffarsi nelle sfide. Anche nel cinema è così?

«Io non trovo alcuna differenza. Le situazioni sono diverse. Ma in termini di recitazione non cambia molto. Mi viene del tutto naturale. Riesco comunque a sentirmi me stessa».

Parlando delle prove dello spettacolo, lei ha rivelato di aver scoperto nuovi aspetti del suo carattere. È vero?

«Uno spettacolo è l’insieme di quello che sei e il personaggio che devi diventare. Il risultato dipende sempre da tante cose. A teatro più che al cinema si sente la specificità di ogni regista. Tiago, per esempio, non ha idee preconcette.

Lascia che il testo risuoni in un modo cui non siamo abituati e se ne scopre un altro significato».

La sua Ljubov’, quindi, come sarà?

«Spesso gli allestimenti di quest’opera ruotano intorno alla tragedia di una famiglia che si vede costretta a lasciare la proprietà di sempre. Accentuando l’aspetto sociale. Io ho preferito lavorare sul senso di liberazione che prova la mia Ljubov’ nell’andar via da una casa, da un Giardino che la lega a un passato doloroso, alla morte di suo figlio. Mi interessano le contraddizioni di questo personaggio, le lacerazioni dovute alla perdita del suo bambino e la necessità di chiudere una porta. Ljubov’ dal Giardino uscirà anche felice».

Lei apre uno spiraglio di speranza in uno dei drammi più drammi del secolo scorso?

«Credo, ma è un discorso sviluppato con il regista, che non sia solo un dramma sulla fine delle cose e sugli addii. C’è anche una grande fiducia nella forza del cambiamento. Centrale il dolore, ma anche la mutazione, in un cammino inconsapevole verso il nuovo».

Il lavoro di Cechov parla anche di fedeltà: lei a che cosa sente di essere fedele?

«Un errore pensare che l’immedesimazione arrivi fino a questo punto. Ci sono già tanti spunti profondi in Cechov che non c’è bisogno di tirar fuori altro dalla mia vita».

I personaggi che interpreta le danno comunque modo di scoprire qualcosa della sua personalità? O e lei a dare nuova personalità ai personaggi?

«Sono molto fortunata, perché ho sempre tanto da fare, lavorare. Poco tempo per rimescolare i pensieri».

La sua vita vorticosa è stata anche al centro di una puntata della serie “Call my agent”. È veramente così? Due film alla volta?

«Mi sono divertita molto. Un’esagerazione buffa. Sono sempre presa da tanti progetti, ma due film alla volta non li faccio mai».

Il tempo per sua figlia attrice ci sarà?

«Ci mancherebbe. Consigli, ma soprattutto cerco di trasmetterle la forza per andare avanti in un mondo dove nulla è scontato, per nessuno».

100 film e più di cento premi: quali di queste tappe hanno lasciato il segno?

«Non ci sono momenti più importanti di altri. Ma situazioni indimenticabili che si vivono in quell’attimo. Ad Avignone abbiamo avuto serate piovose, ventose, eravamo avvolti tutti insieme da quello che succedeva. È quella la sensazione che resta».

E che sensazione le ha dato essere circondata da ragazzi giovanissimi, durante l’incontro che ha tenuto a Cannes?

«Mi dovrei meravigliare? No! Sono giovane anche io». 

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