Filippo Timi al Teatro Argentina: uno e trino per Ibsen

Filippo Timi in Una casa di Bambola - foto Tommaso Le Pera
di Valentina Venturi
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Martedì 7 Febbraio 2017, 23:00 - Ultimo aggiornamento: 10 Febbraio, 19:33

«Un classico del teatro è come una stella cometa, come un albero ben piantato a terra, con radici solide». Così definisce Filippo Timi lo spettacolo Una casa di bambola di Henrik Ibsen, in scena dal 7 al 19 febbraio al Teatro Argentina, produzione Teatro Franco Parenti e Fondazione Teatro della Toscana. L’interprete umbro diretto da Andrée Ruth Shammah è in scena in tutti e tre i ruoli maschili: l’avvocato Torvald Helmer, il dottor Rank e Krogstad il procuratore.
 




«Sono tre uomini diversi - prosegue Timi - che si trovano a dover interagire con Nora (che qui ha il volto di Marina Rocco, ndr), una donna più scaltra di quanto non si sia mai considerata prima. Io, seguendo le indicazioni di Andrée, cerco di dare ad ognuno dei tre uomini un diverso modo di parlare e di muoversi».
 
 
 

Il testo è una critica ficcante sui tradizionali ruoli dell’uomo e della donna, inseriti in un matrimonio d’epoca vittoriana. Da bambina capricciosa che gioca con tutto e tutti, Nora ben presto si trasforma: è ricattata da Krogstad per un prestito illecito che aveva contratto, falsificando la firma del padre, per salvare la vita del marito Torvald. La scoperta del ‘tradimento’ e la paura di perdere la propria reputazione, spingerà Torvald a considerare Nora una moglie indegna. Questa completa sfiducia porta Nora a prendere coscienza di essere stata trattata tutta la vita come una marionetta e non come una donna. Abbandona il marito per “riflettere col mio cervello e rendermi chiaramente conto di tutte le cose”. 

La volontà registica della Shammah è stata di sviscerare i rapporti tra i diversi e sofisticati ruoli maschili e femminili che popolano il testo ibseniano, scavando in particolare nelle pieghe della psicologia di Nora. In scena si esplicita una Marina Rocco prima vittima e poi eroina, che infine si emancipa dal marito. La Shammah, che ha curato anche traduzione e adattamento dello spettacolo, precisa come sia stato «un lavoro di ricerca. L'ambizione era di rinnovare la visione, restando però molto precisa. Ho analizzato tutto quello che ha scritto Ibsen prima di proporre a Filippo di interpretare tre ruoli. Le donne per fragilità vogliono un uomo forte, ma molte volte non è l'uomo forte che vuole la bambola ma è la donna che fa la bambolina per costringere l'uomo a proteggerla».

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