Elio a teatro con il Grigio di Gaber: «È il mio primo monologo, quanta ansia»

Elio a teatro con il Grigio di Gaber: «È il mio primo monologo, quanta ansia»
di Marina Cappa
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Giovedì 3 Ottobre 2019, 10:36
Al liceo, il papà di «Stefy», come lo chiamano gli amici che lo hanno accompagnato alla presentazione dello spettacolo, era compagno di classe di Enzo Jannacci. È anche per questo imprinting che, crescendo, Stefano diventato Elio si è sempre riconosciuto «più jannacciano che gaberiano, con la passione per il surreale che mi viene da lì». Adesso è tempo di ricredersi. Da questa sera fino al 13 ottobre, interpreterà Il Grigio di Giorgio Gaber e Sandro Luporini, al Teatro Carcano di Milano, dove lo spettacolo originale debuttò nel 1988, per poi partire in tournée fino a dicembre (le prime due date saranno Genova e l'1 e 2 novembre Roma, Sala Umberto).

LA MAGLIA
Elio si presenta indossando una maglia marchiata Tarcisio Burgnich, nome simbolo dell'Inter. Ne è orgoglioso. «Ho scoperto che Gaber era interista come me, e anche questa è una cosa che abbiamo in comune». Nonostante non lo abbia mai incontrato né approfondito, man mano Elio ha trovato molti punti di contatto con il cantautore scomparso nel 2003 e con la sua opera. Uno è «la milanesità», un altro «la campagna dove vorrei sempre fuggire». Ma soprattutto il cantante (ma è anche autore, ex giudice di X Factor, attore in scena, o fra tutti il preferito «flautista») di oggi condivide con il cantautore di ieri il senso della crisi esistenziale.

LA SOLITUDINE
Nel Grigio, scritto da Gaber in un momento di passaggio dal teatro canzone a una vena più drammaturgica e di prosa, protagonista è un uomo che si allontana dal mondo e va a vivere in campagna, chiudendosi sempre di più in se stesso e in una solitudine rotta solo dalla presenza del Grigio, un topo che forse è vero o forse immaginario. «In crisi gli uomini andavano ieri e vanno oggi. La differenza è che allora forse il problema toccava i cinquantenni, come sarei io adesso (gli anni esatti sono 58, ndr), mentre ai nostri tempi riguarda tutte le età. Io comunque sono sempre stato in crisi, quindi sono perfetto per lo spettacolo». Perfetto, ma con una certa dose di ansia. «È la prima volta che mi ritrovo a recitare su un palco da solo, con un topo che forse è inventato. Io ho sempre amato di più stare in scena in compagnia».

IL CORTEGGIAMENTO
Anche per questo a Giorgio Gallione, che dirige lo spettacolo prodotto dal Teatro Nazionale di Genova, sono serviti tre anni per convincere l'artista ad accettare: «L'ho corteggiato con una intensità che avrebbe fatto crollare anche Miss Italia». Convinto però che due ore in scena solo a recitare un monologo non le avrebbe rette, Elio ha proposto di inserire una decina di canzoni di Gaber, che accompagnano lo svolgimento della drammaturgia. I mostri che abbiamo dentro è una di queste: «E tu stai vivendo senza sapere mai / nel tuo profondo quello che sei», cantava Gaber. «Con il mostro io convivo da quando avevo 15 anni», dice Elio. A interrompere il gioco dei rispecchiamenti, una differenza. Riguarda il linguaggio.

LE PROVOCAZIONI
«Nella cura maniacale di Gaber per la parola mi riconosco completamente, però trent'anni fa lui viveva un'epoca in cui certe provocazioni erano difficili, mentre noi come Elio e le Storie Tese abbiamo rotto il muro, anche se un po' me ne pento. E adesso se un rapper non mette una parolaccia nel pezzo, non lo ascolta nessuno».

I COLORI
A parte questo, «nel Grigio mi ritrovo dalla prima all'ultima sillaba». E nel colore? Grigio è il topo, ma anche il tono dell'infelicità: la sua tinta di 50enne qual è? «Il rosso, lo è sempre stato. È il colore di chi arde, e se mi accordo che si sbiadisce un po', faccio di tutto per riaccenderlo».
Marina Cappa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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