Donizetti scende in piazza nell'Elisir d'amore palermitano, tra giostre e asinelli al pascolo

L'Elisir d'amore che va in scena questo pomeriggio nel quartiere Danisinni di Palermo
di Simona Antonucci
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Sabato 22 Settembre 2018, 21:35 - Ultimo aggiornamento: 21:36

La scenografia è un tableau vivent. Talmente “vivant” che bruca l’erba, raglia, fa qua qua. Il pubblico è sistemato nel parterre, per terra, e in balconate, quelle del primo, secondo, terzo, decimo piano dei palazzi di Danisinni, un borgo nel cuore antico di Palermo, proprio alle spalle della Cattedrale, dove domenica 23 settembre, alle 18,30, dopo il successo del debutto di ieri, va in scena "L’elisir d’amore".
 

 


Opera di Donizetti. E della coppia più estrosa e destabilizzante della lirica italiana: il disegnatore, scenografo, costumista Gianluigi Toccafondo e il regista Fabio Cherstich, che dopo aver smontato e rimontato su un camion Rigoletto o Don Giovanni, trasformandoli per il Teatro dell'Opera di Roma in capolavori "a quattro ruote", ora portano Adina, Belcore e Dulcamara dentro la vita quotidiana di un quartiere siciliano, con tanto di tendone da circo dismesso, giostra dei bambini che continuano a giocare anche durante lo spettacolo, a due passi da un orto, con animali al pascolo che rispondono a tono agli acuti degli artisti.

«Cantanti, attori, circensi, semplici abitanti, artisti nativi del luogo», spiega Fabio Cherstich, «e il pubblico stesso, tutti saranno parte della messa in scena, rigorosamente dal vivo, della faticosa conquista della bella Adina da parte di Nemorino, un giovane e innamoratissimo stalliere».

A dare, corpo, voce e musica a questa nuova avventura, Patrick Kabongo nel ruolo di Nemorino, Lucrezia Drei che interpreta Adina, Francesco Vultaggio è Dulcamara (già protagonista per due stagioni di Figaro! Operacamion), Biagio Pizzuti veste i panni di Belcore e il soprano palermitano Giulia Mazzola nel ruolo di Giannetta, dopo essere stata la Gilda del Rigoletto Operacamion di giugno scorso, nelle periferie romane. L’orchestra del Teatro Massimo di Palermo è diretta da Alberto Maniaci, mentre il coro è diretto dal maestro Manlio Messina che da febbraio lavora nel quartiere per trasformare in cantanti gli artigiani, i pensionati, i baristi, parrocchiani, casalinghe, impiegati, dai 20 ai 70 anni.

«Un’opera sociale, collettiva», aggiunge l’artista Gianluigi Toccafondo, nella sala prove-fattoria, tra sarte, truccatori, zucchine e melanzane, «dove la contaminazione tra pubblico e spettacolo è totale. Un‘evoluzione rispetto al lavoro fatto finora con l’OperaCamion. L'idea da cui siamo partiti è la stessa che ha animato i tour delle tre scorse estati nella periferia romana: tentare di avvicinare nuovi spettatori alla lirica, al punto di portare gli spettacoli sotto casa, con un tir-teatro e artisti "vagabondi". Ora stiamo lavorando sul territorio, sperimentando il progetto di trasformare gli spettatori in cast e le zone coinvolte in palcoscenico. Oggi, è il quartiere Danisinni, ma non ci fermeremo qui».

Belcore è scortato dalla banda dell'Arma dei Carabinieri. Dulcamara si presenta alla guida di un’Ape, con una corte di malati, bendati, fasciati, un po’ stortignaccoli, con il bastone. E distribuisce volantini con il catalogo di miracoli dell’elisir: "Udite, udite o rustici"... “Elisir di sì perfetta, di sì rara qualità”... “Ne sapessi la ricetta, conoscessi chi ti fa”. Un arrivo anticipato dall’affissione di giganti ex voto ai pali della luce, alle palizzate.

«Ho utilizzato tutto quello che ho trovato», aggiunge Toccafondo, «il tendone del circo, le giostre, una torretta di ferro, un rimorchio abbandonato: ho dipinto tutto. I cantanti si muovono liberamente, così come gli animali del recinto che, a seconda delle serate, duettano con soprano e tenore».

«L'Elisir di Danisinni nasce dal desiderio di proseguire e far evolvere il percorso di ricerca iniziato con Figaro! Operacamion. Una nuova avventura, questa volta senza ruote», conclude il regista Cherstich - ma in evoluzione perché proseguirà, nei prossimi mesi, sempre con Gianluigi Toccafondo.
Per cercare di raggiungere sempre un pubblico nuovo, eterogeneo e non elitario, e far sì che il teatro musicale possa essere percepito non più come evento inaccessibile bensì come momento di condivisione culturale e forma di intrattenimento intelligente».  

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