Covid, i dimenticati/ Teatro& Cinema: «Sale vuote e zero aiuti», stavolta lo spettacolo non può andare avanti

Covid, i dimenticati/ Teatro& Cinema: «Sale vuote e zero aiuti», stavolta lo spettacolo non può andare avanti
di Valeria Arnaldi e Katia Ippaso
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Sabato 9 Gennaio 2021, 07:26 - Ultimo aggiornamento: 08:52

C’è chi non ha mai chiuso, come certi negozi, e chi ha potuto lavorare a intermittenza. Ma poi ci sono loro, i lavoratori dello spettacolo, tagliati fuori da tutto e fermi da ormai dieci mesi. «In tutto questo tempo, non ho fatto altro che pensare ai Sommersi e i Salvati di Primo Levi. Mi rendo conto che l’immagine è molto forte, ma se la spostiamo da un ambito (innominabile) a un altro (difficile da nominare), la metafora ci può aiutare a dire quello che sta accadendo a una intera categoria».

Elena Arvigo, 46 anni, genovese, è l’attrice di teatro per eccellenza. Anche se il suo volto intenso è stato notato, seppure in maniera intermittente, dal cinema, è essenzialmente sul palcoscenico che ha saputo intrecciare delicati mondi interiori e ferite della Storia, da “Il Dolore” di Marguerite Duras a “I Monologhi dell’Atomica (Preghiera per Chernobyl)”.


«Per me la chiusura dei teatri è stata devastante» ci confessa. «Lo Stabile dell’Umbria ha cancellato tutte le repliche de “Le affinità elettive” da marzo scorso fino a questo inizio di 2021.

Poi avevo programmato in vari teatri d’Italia i miei monologhi. Di tutte queste repliche, parliamo di un centinaio, non ne ho recuperata nessuna. Ho dovuto chiudere la mia casa a Roma e tornarmene a Genova. Produttori e teatri mi propongono di mettere online gratis gli spettacoli perché il pubblico va comunque intrattenuto. E’ sacrosanto che lo spettatore vada consolato, ma a noi chi ci consola?». 


SENZA INGAGGI
Con le consuete armi dell’intelligenza umoristica che caratterizza il loro lavoro avanguardistico, anche Daniele Timpano (46 anni) ed Elvira Frosini (56 anni), che formano una pluripremiata coppia d’arte, raccontano l’estrema difficoltà delle loro vite senza più ingaggio. «Eravamo in viaggio da Prato a Roma, era tutto pronto per la prima di “Ottantanove”, che abbiamo dedicato alla rivoluzione francese ma anche al 1989, cioè al crollo del muro di Berlino, quando è arrivato il Dpcm di fine ottobre: teatri chiusi. Durante il primo confinamento, avevamo ottenuto solo un mese di disoccupazione dall’Inps, nel frattempo avevamo dato fondo a tutti i nostri risparmi» continuano i due performer, che ammettono di essersi sentiti molto più soli.

«Abbiamo difficoltà a trovare sponde salde e il massimo dell’incoraggiamento che puoi trovare è: stai fermo!». Per reagire alla letargia e alla minaccia della depressione, alcuni attori e tecnici hanno capito che la soluzione è una sola: allearsi. Giuseppe Filipponio, 47 anni, stimato disegnatore luci della scena teatrale (ha lavorato con Michele Placido e Gabriele Lavia), ha trovato una sponda in alcuni compagni di viaggio che in questi mesi hanno fatto presidi culturali permanenti di fronte al Teatro Argentina: «Abbiamo preso l’Argentina solo come simbolo. E’ incredibile quante persone si fermano ad ascoltare le nostre storie. C’è un grande desiderio, da parte della città, di sostenere il nostro lavoro» spiega Filipponio. 


INCUBO
«Questo incubo non lo voglio più vivere in tutta la mia vita» interviene Barbara Folchitto, 51 anni, attrice d’origine napoletana. «Per questo stiamo lottando per affermare il valore della formazione permanente, l’educazione alla cultura teatrale». 


Anche i grandi palazzi del cinema sono a luci spente. Nelle bacheche, vecchie locandine a segnalare film che, in sala, in molti casi, non sono mai arrivati. Le proiezioni sostituite da visioni su monitor di computer o tv. Dalle maxi-catene alle sale d’essai, tutto è “fermo”, anzi sospeso, a porte chiuse e senza certezze per il domani. «Il mio film “Cosa sarà” - dice il regista Francesco Bruni - sarebbe dovuto uscire il 19 marzo scorso. Il titolo era diverso, “Andrà tutto bene”, ma, visti gli accadimenti, dopo il lockdown e con l’uscita rimandata a data da destinarsi, è stato naturale cambiarlo. Dopo l’invito alla Festa del Cinema di Roma, è uscito in sala il 24 ottobre. C’è rimasto solo il 25, peraltro è andato bene, poi i cinema sono stati nuovamente chiusi. Abbiamo deciso di proporlo in streaming, on demand, sulle principali piattaforme, ed è così che si può vedere ancora oggi». Il sogno rimane la sala. «Appena sarà possibile - aggiunge - lo riporteremo al cinema, è una promessa, sicuramente però, in un numero di copie inferiore rispetto a quello inizialmente previsto. Molte sale non sopravvivranno, ma credo che la gente abbia tanta voglia di tornare al cinema e forse ci sarà una nuova primavera».


STREAMING
Stessa opinione per il produttore Fulvio Lucisano: «Anche se in questi mesi lo streaming ha rappresentato una valida alternativa di intrattenimento e un importante sbocco commerciale per i film in uscita rimasti bloccati dal lockdown, la sala sarà sempre il tempio del cinema. Noi abbiamo subito il danno economico del lockdown delle sale come esercenti e come produttori. Per l’opera prima di Giampaolo Morelli “7 Ore per farti innamorare”, il lancio su piattaforma è stato un’alternativa validissima. Nella quarantena di primavera è stato uno dei film più visti dagli italiani.

L’uscita in sala di “Ritorno al Crimine” è stata fermata due volte, il 12 marzo e il 29 ottobre, con doppio inutile dispendio di risorse economiche e di comunicazione. La nostra fiducia nella ripartenza è immutata, abbiamo solo bisogno di organizzarla e pianificarla bene per ricreare la fiducia nel pubblico. I cinema sono sicuri». L’attesa è forte e non solo per le prime visioni. «Molti, nel quartiere, mi chiedono quando riapriremo - racconta Tonino Errico, direttore del Cinema delle Provincie, storica sala d’essai romana - abbiamo sempre lavorato nel rispetto delle misure imposte, all’inizio tenevamo distanziati perfino i congiunti. Ora siamo a casa in cassa integrazione. Io sono il direttore, ma pure il proiezionista. Qui è un po’ come in “Nuovo Cinema Paradiso”. I costi di gestione sono bassi, così pure le perdite. E siamo sempre pronti per la riapertura».

(1 - Continua)

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