Il teatro La Fenice riparte al chiuso. Il sovrintendente Ortombina: «Saliamo su un’arca verso il futuro»

Il palcoscenico-arca del Teatro La fenice
di Simona Antonucci
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Domenica 21 Giugno 2020, 22:18
Sarà la chiglia di una nave, con il pubblico a prua, a guidare la ripartenza del Teatro La Fenice. Il lirico veneziano riapre “al chiuso” con un mese di concerti in una sala reinventata. «Abbiamo costruito un’installazione permanente», spiega il sovrintendente Fortunato Ortombina, «che creerà una circolarità degli spettatori ospitati sul “ponte” di questa imbarcazione a tre metri di altezza e nei palchetti. Un’immagine che non vuole ricordare un naufragio, ma un’arca che ci traghetterà in un mondo nuovo. In questa situazione di difficoltà abbiamo cercato di trasformare le limitazioni in espedienti per ideare nuove varianti drammaturgiche e poetiche. Una cosa è certa: resterà sempre la sala più bella del mondo».

In calendario concerti cameristici e sinfonici e un nuovo allestimento operistico. Al via il 5 luglio con gli ottoni dell’Orchestra e il Coro del Teatro in un concerto dal programma originale, aperto dalla Fanfare for a common Man di Copland e poi composto da musiche di Monteverdi, Gabrieli e Bach. Un “divertimento” handeliano nei concerti del 9 e dell’11 con Diego Fasolis che dirigerà la Water Music e la Royal Fireworks Music.

«E poi la lirica», continua il sovrintendente, «con un nuovo allestimento dell’Ottone in Villa di Antonio Vivaldi. Il repertorio che ha fatto grande Venezia ci viene incontro in un momento in cui bisogna rispettare il distanziamento tra gli spettatori, ma anche tra i musicisti». Pochi gli elementi scenografici, sarà la sala a dare spettacolo. «Un colpo d’occhio sorprendente», aggiunge Ortombina, «abbiamo rimodulato la platea, la fossa orchestrale e il palcoscenico. A collegare gli spazi un piano inclinato, una sorta di chiglia in legno di una nave in via di costruzione. In questo modo, riusciamo a ospitare in sicurezza più di trecento persone, di cui settanta sedute a prua. Che potranno godere di una visione, solitamente riservata agli artisti e al coro. Possiamo beneficiare della deroga regionale che ci consente di superare il limite dei 200 ingressi, ma siamo molto lontani dai nostri mille biglietti. È importante ricordare che questa non è la normalità, è soltanto resistenza».

Se non sono i botteghini a guadagnare, lo è invece l’acustica «la rivelazione assoluta. Normalmente la musica viene dal palco e dalla buca. Ora che la fonte sonora è al centro, circondata soltanto dal legno, sembra di stare nella pancia di un violoncello. E poi la luce. Non più da sala d’attesa che si spegne quando ha inizio lo spettacolo: ora è parte della scena».

Dopo il dramma per musica in tre atti, di Vivaldi, che rappresenta il debutto operistico del Prete Rosso (cinque recite), in programma il 16 luglio la Serenata in mi bemolle maggiore op. 7 di Richard Strauss e la Serenata n. 10 in si bemolle maggiore kv 361 Gran Partita di Mozart. Mentre sarà la musica dei veneziani Antonio Vivaldi e Tomaso Albinoni a fare da padrona il 17.

A fine mese, il 22 e il 23 due recital per voce e pianoforte che vedranno protagonisti tre interpreti maschili tra i più acclamati del panorama contemporaneo: il basso Alex Esposito che canterà i ruoli che lo hanno reso celebre come Mefistofele nel Faust, il Don Giovanni mozartiano, oppure Nick Shadow in The Rakès Progress; il tenore Francesco Meli e il baritono Luca Salsi daranno voce ad alcune delle pagine più amate del repertorio verdiano.

«Abbiamo scelto di riaprire al chiuso», conclude il sovrintendente, «perché, con le eccezioni dell’Arena di Verona o del Circo Massimo, spazi nati per gli spettacoli, gestire il pubblico all’aperto è più complicato.
Ma il problema non è soltanto ora. I nostri musicisti entrano ed escono dalla cassa integrazione, i turisti, che rappresentano il 50 per cento del nostro incasso, non sono tornati. E con trecento persone in sala è difficile immaginare un futuro sereno». 
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