La compositrice Silvia Colasanti al Festival di Spoleto: «La mia musica per Ovidio
e tre donne modernissime»

La compositrice romana Silvia Colasanti
di Simona Antonucci
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Giovedì 27 Agosto 2020, 22:33

«Passione, dolcezza, desiderio. Ocean Drum, Arpa e Crotali. Ogni amore ha la sua voce e i suoi suoni». Ed è l’Amore il protagonista del terzo lavoro di teatro musicale ispirato al Mito classico, creato da Silvia Colasanti per il Festival di Spoleto, applaudito in piazza Duomo lo scorso 22 agosto. Dopo Minotauro e Proserpine, la compositrice romana, 45 anni, mamma di due bambini di 6 e 8 anni, diplomata al Conservatorio di Santa Cecilia, ha presentato Arianna, Fedra, Didone, tre monodrammi per attrice, coro femminile e orchestra su testo tratto dalle Epistulae Heroidum di Ovidio.

ISABELLA FERRARI
Con Isabella Ferrari, in abito rosso corallo, richiamata in scena più volte dal pubblico entusiasta, e il direttore Roberto Abbado sul podio, anche lui salutato da lunghi applausi. Un successo, dopo l’inaugurazione di giovedì 20, con un magistrale Orfeo, regia di Pier Luigi Pizzi, che ha incantato Piazza Duomo, e i Messaggeri di Emma Dante, un cult, venerdì 21, al Teatro Romano.«Ovidio ribalta la prospettiva», spiega Colasanti, «trasformando le donne in eroine, relegando in secondo piano le figure maschili, deboli, vittime del fato. I ritratti che ne vengono fuori sono incredibilmente moderni e inediti».
Presente con le proprie composizioni nelle principali istituzioni musicali internazionali, Colasanti ha trasformato in musica «lettere immaginarie d’amore, improntate al tema dell’assenza e del disperato desiderio di riviverlo».

ENEA
Arianna scrive a Teseo appena sveglia, accorgendosi che lui l’ha abbandonata fuggendo in mare. Fedra, innamorata del figliastro Ippolito, sceglie parole seduttive per indurlo a cedere a un amore incestuoso. E Didone, sentendo l’ineluttabilità del suo destino di morte, si rivolge a Enea in un ultimo tentativo di farlo tornare. E ognuna affiderà il suo flusso interiore a strumenti diversi.

«Arianna, sola, su uno scoglio, scrive un’implorazione commovente. È il mare il suono della sua fragilità. Arpe, Crotali, ma soprattutto, l’Ocean Drum. Una sorta di magnifico tamburone simile al bastone della pioggia. Se rinasco voglio fare la percussionista».

Fedra è la più passionale, «portatrice di una nuova moralità. Con lei gli archi fanno da padrone. Niente coro, solo suoni incisivi, struggenti, ma acuti come lame». Per Didone coro, marimba e grancassa. «La figura di Virgilio è vendicativa, la donna che ci tramanda Ovidio è molto più compassionevole. Didone compare con la spada di Enea in mano, che è un presagio di morte. Il tono è lugubre, le parole dell’epitaffio vengono recitate dal coro con l’accompagnamento del rullo della grancassa. Un momento molto teatrale». 

In scena un coro femminile che canta il testo originale in latino, «nel quale l’attrice, Isabella Ferrari ha potuto specchiarsi, indagando le sue diverse anime», spiega Colasanti che ha lavorato allo spartito durante il lockdown.

9 MARZO 2020
Oltre all’opera per Spoleto, la compositrice ha portato a termine Il sogno di Brunelleschi, su testo di Maria Grazia Calandrone, commissionato per i 600 anni di Santa Maria del Fiore, mentre per la Società del Quartetto di Milano ha realizzato musiche ispirate a 9 marzo 2020 di Mariangela Gualtieri, progetto per nove compositori italiani sull’idea della ripartenza.

«Occasioni preziose e rare. È difficile che un’istituzione italiana commissioni nuove musiche. Ma se non si continua a produrre, la cultura muore. E in un momento così particolare, stiamo perdendo un’opportunità», continua. «I teatri, solitamente vittime dei numeri, in questi mesi di emergenza non sono vincolati ai grandi incassi. E potrebbero osare, proponendo una programmazione diversa dal repertorio classico. Il contemporaneo ha da dire. Non bisogna avere paura del presente. Oggi siamo tutti più complicati, ma vale la pena raccontarci».

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