Con "Tiranno Edipo!" di Barberio Corsetti, Sofocle diventa un contemporaneo

Con "Tiranno Edipo!" di Barberio Corsetti, Sofocle diventa un contemporaneo
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Mercoledì 26 Settembre 2018, 13:30
Dal 27 settembre al 3 ottobre al Teatro India i giovani attori della Compagnia dell’Accademia portano in scena "Tiranno Edipo!" guidati dalla regia visionaria di Giorgio Barberio Corsetti nella rilettura del classico sofocleo per un viaggio in quadri alle origini della modernità. Da sempre impegnato nella sperimentazione delle possibilità di riscrittura dei confini fra teatro e arti della scena, Corsetti si accosta all’Edipo Re di Sofocle – parte del ciclo tebano – come a un testo vivo, attivo, denso di simboli e capace tutt’oggi di far scaturire i complessi significati del reale. Lo spettacolo, infatti, prende avvio all’esterno del teatro, un “fuori” ambientato in un campo profughi. Si fa così subito chiara la forte volontà di lettura del presente attraverso la pièce.

Gli spettatori sono invitati a seguire gli attori lungo un percorso che si struttura in due parti, quasi a simboleggiare le due città attraverso le quali dovrà muoversi Edipo. Due città: la città del mondo e la città interiore: «La città del mondo è malata, l’umanità intera è contaminata. La sterilità divora le risorse, gli uomini non hanno di che mangiare, le donne partoriscono sangue. «Questo è fuori, è l’esterno, un accampamento di migranti che non hanno più un luogo dove stare – commenta Corsetti – Edipo può salvare il mondo, ma deve penetrare nella città interiore, nel cuore stesso dell’Io. Edipo deve portare a termine la sua indagine, sapere chi ha ucciso il Re. Edipo si riflette all’infinito, nella sua mente tante parti di lui diventano i personaggi. Tanti Edipi che si moltiplicano e devono districarsi all’interno della sua anima per arrivare al fondo dell’indagine».

 Ad interpretare questa moltitudine di Edipi, alla ricerca della verità, sono i venti attori della Compagnia, tutti provenienti dall’Accademia Silvio D’Amico, tutti personaggi frutto di questo mondo interiore. Edipo si moltiplica e si scompone dunque «come in un sogno», ed è proprio la scomposizione a farsi cifra estetica dello spettacolo: a troneggiare sui personaggi – quadro dopo quadro – proiezioni di corpi assemblati come con ritagli di giornale, facce coi lineamenti spezzati, bocche spalancate e occhi caleidoscopici che fissano atterriti il cielo del palcoscenico. È l’umanità misera, spaventata e spaventosa che popola il fondale così come il palco, abitato da personaggi in completi eleganti, giacche, cravatte e camicie, o abiti da sera rossi come il sangue. Hanno in testa corone di metallo e corone di fiori, camminano, corrono, svengono, si aggrappano all’impalcatura che sovrasta la scena in verticale, tracciando una costellazione di spunti visuali: lo scheletro di una mappa per districarsi dentro alla tragedia. L’inquieta ricerca degli Edipi che brulicano sul palco diventa metafora dell’esplorazione del sé, unico percorso possibile per approdare, forse, infine, a una riflessione sull’altro.

 
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