Bruni dell'Elfo: «Ma come si fa a fare teatro mantenendo il distanziamento?

Ferdinando Bruni dell'Elfo
3 Minuti di Lettura
Martedì 7 Aprile 2020, 16:52
Che saranno gli ultimi a riaprire ormai è assodato, ma quando arriverà il momento, come si potrà fare teatro mantenendo il distanziamento sociale? «Non possiamo certo fare Romeo e Giulietta a due metri di distanza» riflette Ferdinando Bruni, fondatore del teatro dell'Elfo che, con le sue tre sale e la sua programmazione incentrata sulla drammaturgia contemporanea, è nel cuore di molti milanesi.

Da una parte si pensa alle distanze da mantenere nelle sale, con le capienze ridotte, ma dall'altra per Bruni «quando si parla di riapertura non ci si ricorda degli attori, dei cantanti, degli orchestrali, che si devono toccare, perché il teatro è fisico ed è difficile ripensarlo in altri termini perché è quella cosa lì, da 2500 anni».

E per il regista è anche «preoccupante che su un settore come quello della cultura non si facciano ipotesi: abbiamo 150mila spettatori a stagione, coinvolgiamo più gente delle palestre, ma dei teatri non si parla mai se non per dire che saranno gli ultimi a riaprire, con la prudenza del distanziamento».

La verità è che «la nostra è l'unica forma di attività che rischia di essere sospesa a tempo indeterminato e ora non navighiamo a vista, perché non abbiamo un orizzonte, ma nella nebbia». Da una parte sarebbe bello pensare di poter riaprire a settembre, ma questo significa tornare a teatro a lavorare già a giugno e farlo con la prospettiva della capienza ridotta di un terzo, con «cifre che non permetterebbero di coprire i costi, perché non siamo un cinema dove si può ripetere una proiezione».

E con la complessità di una struttura che a livello interno impiega 50 persone tra bigliettai e maschere e che ne ospita altre 200 tra tecnici, attori e professionalità varie. E «sembra che questa cosa venga ignorata», anche se di positivo «c'è che il ministero ha stanziato più di 30 milioni per lo spettacolo dal vivo» e molti spettatori hanno rinunciato al rimborso dei biglietti per gli spettacoli annullati dopo la chiusura dello scorso 23 febbraio. Quel giorno - solo per dare un'idea di quanto il teatro potrebbe essere importante in questo momento per restituire il senso profondo di quanto stiamo vivendo - era in scena lo spettacolo Verso Tebe dello stesso Bruni e di Francesco Frongia, in cui una pestilenza si abbatte sulla città, mentre le ultime prove sono state quelle di Diplomazia di Cyril Gely, in cui il generale Dietrich von Choltitz, governatore di Parigi durante l'occupazione nazista, e il console svedese Raoul Nordling, si fronteggiano nella notte tra il 24 e il 25 agosto 1944.

Il tedesco ha l'ordine di radere al suolo la città prima della ritirata, ma il diplomatico usa tutta la sua arte retorica per convincerlo a disobbedire all'ordine del Führer. «Uno scontro - chiosa Bruni - tra un'idea mortifera del dovere e l'idea della bellezza della vita che deve continuare».

Per questo non c'è bisogno di pensare a qualcosa di speciale per la riapertura: «Non ci sarà un programma creato sull'onda del coronavirus, ma quello che avevamo già immaginato e che avrà una risonanza diversa, perché - sottolinea Bruni - è già tutto lì, è nell'atto stesso del teatro che c'è la risposta». «Torneremo a fare quello che facevamo prima, ma la normalità per un po' sarà vissuta in modo più forte perché sapremo - conclude - ciò che abbiamo perso».
© RIPRODUZIONE RISERVATA