In "Giorni felici" il drammaturgo, poeta e sceneggiatore irlandese ha voluto mettere in evidenza la crisi del dramma di conversazione, svuotandolo della sua peculiarità di confronto. Winnie/Braschi è immobilizzata, sepolta fino alla vita da un cumulo di sabbia. Dietro di lei c’è il marito Willie/Renzi, che le parla a monosillabi e si muove strisciando. Mentre la sabbia ricopre inesorabilmente entrambi, Winnie chiacchiera senza sosta, in un’alternanza insensata di momenti che sono il cuore dell’esplorazione beckettiana della vita ai margini della follia.
La preparazione dello spettacolo ha avuto due momenti distinti: prima dieci mesi di studio sul testo e solo dopo questa ricerca drammaturgica sono iniziate le prove in teatro. «Una prima fase – ricorda il regista Renzi – dedicata allo studio dello spartito senza ipotesi interpretative. Muoversi nel rispetto del dettato dell’autore e, nei margini definiti di questa strada stretta, sintonizzare i nostri strumenti di lavoro su una lunghezza d’onda tutta interna all’opera ci è sembrato un approccio naturale». Tre anni fa l’allestimento, una produzione Melampo e Fondazione Teatro Stabile di Torino, prima di arrivare a Roma è stato presentato con successo in altre città come Torino e Milano.
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