Alessandro Preziosi in Romeo e Giulietta: «Mercuzio? Fu il mio primo personaggio quando scelsi di fare l'attore»

Alessandro Preziosi in Romeo e Giulietta: «Mercuzio? Fu il mio primo personaggio quando scelsi di fare l'attore»
di Veronica Cursi
3 Minuti di Lettura
Martedì 14 Febbraio 2017, 08:41 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 10:14

Forse lo immagineremmo più facilmente nei panni del protagonista, benché Romeo e Giulietta avessero 14 anni. Ma Alessandro Preziosi sorprende. E all'amore di Romeo per la sua bella preferisce raccontare quello dell'amico Mercuzio, personaggio che interpreta nello spettacolo diretto da Andrea Baracco di cui è anche produttore insieme a Tommaso Mattei e Khora teatro.
In scena all'Eliseo da oggi, giorno di San Valentino, fino al 5 marzo, lo spettacolo si concentra tutto sul tempo o, per meglio dire nella sua ossessione. In 4 giorni Giulietta, da bambina si trasforma in donna, Romeo da giovane innamorato in vendicatore, e Mercuzio «da funambolo del linguaggio a cadavere».


Com'è stato interpretarlo?
«Per me è un ruolo inedito: prima non mi era nemmeno mai venuto in mente di interpretare Romeo e Giulietta. E invece ora, prova dopo prova, mi emoziono».

Mercuzio è forse il personaggio più affascinante di tutta la tragedia, spesso ci si chiede perché Shakespeare lo faccia sparire troppo presto.
«Perché se rimanesse in scena continuerebbe a catalizzare l'attenzione su di lui. In un certo senso finché non muore lui, la tragedia non riesce a decollare».

Qual'è la sua forza?
«È un bipolare, un folle che ha una grande forza emotiva legata alla figura di Romeo. Quando Romeo si stacca da lui per Giulietta, Mercuzio perde tutto, perde l'amore: quello del suo migliore amico. E impazzisce» .

È vero che al suo primo provino portò proprio Mercuzio?
«Sì, a 25 anni, alla scuola d'arte drammatica con Gigi Proietti. Scelsi questo pezzo perché ero innamorato del film di Zeffirelli».

Nello spettacolo anche la scenografia è molto moderna: le abitazioni dei Capuleti e dei Montecchi sono teche di vetro che suggeriscono una distanza tra il mondo dei giovani e quello degli adulti. Un riferimento attuale?
«Shakespeare è sempre stato molto moderno. La società fa fatica a cambiare costumi e punti di vista sui sentimenti e sulla politica. Ma io trovo che oggi le famiglie abbiano un intrusione quasi ossessiva nel mondo dei figli. Mentre in questo caso sono inermi nei confronti dei disagi dei figli. Li guardano morire senza fare niente».

Da Don Giovanni ai Vicerè, c'è un personaggio a cui è più affezionato?
«Sicuramente Cyrano perché dimostra che a volte dire no grazie è più forte di qualsiasi altra idea».

In scena con lei ci sono altri due beniamini del grande pubblico: Lucia Lavia ( Madame Bovary) e Antonio Folletto (Gomorra e I Bastardi di Pizzofalcone).
«Siamo una grande compagnia di 13 attori. Questo spettacolo è imperdibile anche per lo sforzo produttivo che c'è. Restituisce allo spettatore la voglia di innamorarsi del teatro. E Romeo e Giulietta incarna il senso del teatro stesso».