Albertazzi, una vita sul palcoscenico: addio a un grande del teatro

Albertazzi, una vita sul palcoscenico: addio a un grande del teatro
di Marica Stocchi
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Sabato 28 Maggio 2016, 13:08
Giorgio Albertazzi è morto stamattina alle 9, nel sonno, tra le braccia di sua moglie, Pia Tolomei, nella bella campagna della Maremma che lo ha accolto e amato in questi ultimi mesi. E chissà se prima di lasciarci Giorgio ha sussurrato i versi di Adriano con cui Marguerite Yourcenar introduce agli ultimi istanti di vita dell’Imperatore. Animula vagula blandula…

Perché Albertazzi è il teatro e non c’è stato altro viaggio teatrale nei suoi novantatré anni di vita che lo abbia invaso più di quello compiuto nel capolavoro francese delle Memorie da cui, con Maurizio Scaparro, ha tratto uno spettacolo che lo ha accompagnato negli ultimi ventisette anni della sua vita. E proprio con Memorie di Adriano è stato in scena fino a poco tempo fa, attraversando le amate assi del palcoscenico con una sedia a rotelle, ma senza mai perdere quella padronanza del luogo, quella sofisticata semplicità con cui sapeva arrivare al cuore di tutti. E ogni sera ha evocato la sua morte, con scherno, con paura, con strafottenza, ma sempre “ad occhi aperti" come l’attore amava guardare ogni grande passaggio della vita.

Nato a Fiesole, in provincia di Firenze, l’attore, drammaturgo e regista, ha attraversato il secolo scorso senza risparmiare a se stesso nessun tipo di esperienza. Spesso in prima fila per il suo anticonformismo, Giorgio ha combattuto con tenacia per i diritti civili più radicali, dal divorzio all’aborto fino all’eutanasia, opponendo a ogni dogma un pensiero che, giusto o sbagliato che fosse, non poteva che essere autenticamente suo.

Dopo aver debuttato nel Troilo e Cressida nel 1949 con la regia di Luchino Visconti al Maggio Musicale Fiorentino, Albertazzi non si è più fermato, ma, come lui stesso amava ripetere: «solo quando, nel 1964 in occasione del quadricentenario della nascita di Shakespeare, mi sono trovato all’Old Vic di Londra ad interpretare Amleto per la regia di Franco Zeffirelli, ho dovuto ammettere di essere un attore». Curioso, inquieto, inarrestabile e incontentabile, è passato dalla televisione al teatro, al cinema, alla scrittura riproponendo ovunque l’espressione più autentica del suo spirito libero e di quella leggerezza calviniana che ha sempre ricercato.

Grandi protagoniste della sua vita, la donna e la poesia. Albertazzi amava l’una e l’altra alternando alla passione travolgente del duende lorcano, un desiderio apollineo, casto. «Le cosce delle donne - diceva - sono la prova dell’esistenza di Dio». E se Bianca Toccafondi e Anna Proclemer sono state le compagne di vita e di palcoscenico, se Mariangela D’Abbraccio ed Elisabetta Pozzi sono state muse e allieve, Pia Tolomei è stata la sua famiglia. Ed è per questo che lui, Albertazzi, passati gli ottant’anni ha rivoluzionato la sua vita: lui - raffinato seduttore - ha scelto il matrimonio per proteggere una donna per lui davvero speciale e per essere da lei protetto. Ed è proprio in un abbraccio con la dolce Pia che Giorgio Albertazzi ha concluso la sua felice e lunga vita.


 
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