«La morte di Elie Wiesel è una grande perdita per l’umanità intera, ci pone di nuovo di fronte alla questione di come dobbiamo tramandare la memoria della Shoah quando i testimoni diretti dell’orrore non ci saranno più – spiega Mario Venezia -. Quando purtroppo viene a mancare un sopravvissuto alla Shoah, al dolore per la scomparsa di una persona cara, si aggiunge lo sgomento per la perdita di un supporto forte, importante, fondamentale. Quando incontriamo i sopravvissuti, sempre più anziani, a volte malfermi, ci prodighiamo per aiutarli per sostenerli. Nella realtà, sono loro che sostengono noi, che per nostra fortuna non abbiamo subito ciò che loro hanno subito ed affrontato. Sono loro che hanno mantenuto il coraggio di vivere e dare la vita, di raccontare l’inenarrabile.
Lo hanno fatto dopo che hanno perso tutto ciò che di caro avevano e forse anche qualcosa di più.
E noi, i fortunati ignari di esserlo, non dobbiamo perdere la riconoscenza per tutto ciò che hanno voluto e saputo darci, a volte con un premio Nobel a volte con un semplice sguardo affettuoso. Siamo noi, oggi, figli dei testimoni, ad avere il compito di raccontare alle future generazioni e al mondo intero, ciò che è stato. Una memoria che tramandiamo attraverso le parole che abbiamo ascoltato per tutta la vita».
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