Zucchero, frecciata a Vasco Rossi: «I duetti? Non li fa chi ne ha paura»

Zucchero, frecciata a Vasco Rossi: «I duetti? Non li fa chi ne ha paura»
di Rita Vecchio
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Giovedì 5 Luglio 2018, 09:10 - Ultimo aggiornamento: 23 Luglio, 00:32
È mezzanotte. E a Venezia si sentono i rintocchi della Torre dell'Orologio. Ma la musica, quella che fa ballare, continua. È il blues prorompente di Zucchero Fornaciari, che dopo sette anni ha riportato i concerti in piazza San Marco. E che musica, che band: dodici musicisti e il coro Hallelujah Gospel Singers. E la gente canta e non vorrebbe finisse mai, perché quelle canzoni, da Con le mani a X colpa di chi e Il diavolo in me, le conoscono tutti i 7000 paganti a sera. Zucchero, 62 anni e non sentirli, che qui a Venezia ha comprato una casa-rifugio, lo sa bene. Tanto che a inizio concerto, sotto la pioggia, urla a squarciagola: «Lo so che molti miei colleghi vorrebbero essere al posto mio».

Due serate The Best, martedì e mercoledì, con tutto il meglio del suo repertorio con una scenografica naturale, quella di Museo Correr illuminato a giorno, che si fa nicchia di un'intera piazza. E alla fine, il bluesman di Reggio Emilia è in trans agonistica, e nello storico Caffè Florian risponde a tutte le domande: chiama in causa il Papa, Merkel e Macron. Parla di immigrati, accusa i talent, sfida i colleghi.

Soddisfatto?
«Ho realizzato un sogno. Ho suonato al Cremlino, Wembley, Valle dei Templi, Arena di Verona. Ma questo è il posto più ambito dagli artisti, che unisce musica e bellezza. Non a caso ci hanno suonato i Pink Floyd».

Ma era in programma?
«No. È un sogno lontano ma realizzato in soli due mesi. Domenica, infatti, sarò ad Hyde Park con Eric Clapton, insieme a Santana e Stevie Winwood. Ero sulla Route 66 quando mi è arrivato l'invito di Clapton. Non potevo dire di no, credo sarà uno dei suoi ultimi concerti. Non valeva la pena organizzare tutto questo per fare solo la data londinese. E quindi ho pensato a San Marco».

Farete duetti?
«Mi piacerebbe fare River of tears, struggente canzone che ogni volta mi fa l'effetto Cavalleria rusticana di Mascagni. Per il resto, Eric mi ha detto: quando saremo lì, decideremo. Ecco, questo è per me rock'n'roll. Questo è fare musica».

E quindi a chi dice (come ha fatto Vasco Rossi, ndr) che i duetti sono per bimbi di asilo?
«La bellezza sta nel condividere qualcosa con chi non teme di non essere all'altezza. Se c'è anima e passione, non si può aver paura di essere inferiori. Gli italiani, invece, sembrano soffrire di questa cosa. Se qualcuno dice che i duetti sono una roba da asilo, è perché gli trema il buco del culo. Tanta musica e pochi effetti speciali. Guardo ai maestri, Eric Clapton, Ray Charles, B.B King, Jeff Beck, Joe Cocker, quelli purtroppo in via di estinzione che non hanno mai avuto bisogno di orpelli. Gli orpelli sono optional solo a chi manca di arte. Insomma, io non ho mai visto Springsteen con orpelli».

Cioè?
«Si deve investire sulla grande musica. Io l'ho fatto con i musicisti (Polo Jones, Kat Dyson, Adriano Molinari, Mario Schirilò, Tomoyasu Hotei, ndr) fino ad arrivare a quest'ultima band. Non c'è nessun gruppo in Italia che può competere con loro. Farei apposta un concorso fra band con i colleghi altisonanti e che sparano cazzate. Per canzonette da tre accordi va bene, ma quando fai roba seria è un'altra cosa. E con tutto quello che le radio ci propinano, è difficile pensare a un futuro della musica che non sia omologato».

Si spieghi.
«Noi italiani siamo superpoeti in confronto agli inglesi che sanno dire solo I miss you, I need you. Che palle. Stiamo educando i giovani all'assenza totale di ogni forma artistica. E le case discografiche firmano per i talent. Siamo rovinati. Pure se si facesse oggi il Nabucco, Verdi passerebbe inosservato».

Si riferisce ai giovani?
«Hanno poche possibilità di esprimersi e spesso porte chiuse in faccia. De Gregori, Battisti, Battiato, Vasco e altri, compreso io, non saremmo mai esistiti oggi. Se si continua così, rimaniamo solo noi dinosauri».

E Partigiano Reggiano che dice della politica?
«Oggi manca il carisma. Non c'è Berlinguer, Moro o Almirante, nonostante questo fosse opposto alla mia ideologia. L'unico politico carismatico di questi tempi è il Papa. E come capo di Stato dovrebbe andare a Bruxelles da quei due, Merkel e Macron».

A chiedere cosa?
«Per loro farei come hanno fatto gli Amish, i cristiani che nel XVIII emigrarono dalla Svizzera e che furono accolti solo dall'America, ma ora sono un popolo sereno e felice. Diciamo la verità, l'immigrazione è un problema per tutti: diamo anche ai migranti una terra, un'isola tutta per loro».

In scaletta c'era anche la Sana libidine.
«Figurarsi, l'ho cantata pure a Rimini per CL, nonostante mi avessero fatto capire che non avrei dovuto, approfittando della diretta Rai. Non si può fermare uno che fa il mio mestiere. Allora volarono mutande e reggiseni. Bei tempi. Una volta beccavo. Ora becco solo l'influenza».

Dopo Venezia?
«Il tour in Europa e mi intrigherebbe pensare a un mio pubblico in Sudafrica o in India. So che non mi piace scendere: appena vedrò un calo di tensione, mi inventerò qualcos'altro. Ci sarebbe un disco, ma non ho nessuna voglia di farlo».
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