Ultimo: «La vittoria di Sanremo mi ha terrorizzato. Il mio sogno? Incontrare Vasco»

Ultimo: «La vittoria di Sanremo mi ha terrorizzato. Il mio sogno? Incontrare Vasco»
di Veronica Cursi
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Lunedì 5 Marzo 2018, 18:33 - Ultimo aggiornamento: 6 Marzo, 09:22

Con le incertezze lui continua a ballarci ogni giorno. Anche se a Sanremo ha sbaragliato tutti.  Da San Basilio, il quartiere di Roma dove è nato e cresciuto al palco dell'Ariston, fino al live tour che a maggio lo porterà in giro per l'Italia (nella capitale sarà all'Atlantico il 12 e il 13 maggio con due date già sold out), Peter Pan sta crescendo: ma la voglia di volare non gli passerà mai.
Niccolò Moriconi, in arte Ultimo, 22enne, romano, vincitore di Sanremo per la categoria Nuove Proposte, rimane con i piedi per terra. Di sogni ne ha pieni i cassetti. Uno in particolare: «Conoscere Vasco Rossi, il compagno di viaggio della mia adolescenza»

Cosa vuol dire arrivare primi per uno che nella vita si è sempre sentito ultimo? 
Ultimo è una condizione che indosso da quando sono nato, che non riguarda una tematica sociale, è una condizione d’esclusione. La musica per me ha sempre avuto un potere straordinario: rendermi diverso da come mi sento realmente tutti i giorni. Fuori inadatto, insicuro, fragile. Ma quando salgo sul palco riesco a tirare fuori una sicurezza che non so neanche io dove trovo.



Quando hai vinto il Festival hai dichiarato che con la tua musica vuoi aiutare la gente a sentirsi meno sola: per te è stato così?
«Da ragazzino passavo ore in camera a sentire le canzoni di Vasco e con lui Dalla, De Gregori, Venditti.  Sono stati la colonna sonora della mia vita. Ogni momento lo riconduco ad una canzone, ad un messaggio».
 
 


Nell'album Peter Pan, ogni brano parla di te: Chi è veramente Niccolò?
«Dopo che vinci Sanremo con un nome che non è il tuo tendi a perdere il focus sulla persona. Io voglio rimanere Niccolo, non perdere di vista chi sono: frequentare gli stessi amici, la mia famiglia, il quartiere dove sono cresciuto. Quello sono io».

Sanremo ti ha cambiato?
Difficile crederlo, ma ha aumentato la parte incerta di me. Subisco la popolarità in maniera negativa, cerco di stare a casa, non amo tanto il contatto con la gente, mi mette a disagio. La mia casa è il punto di partenza e di arrivo, la mia base. 

A Sanremo c'è stato il trionfo di Roma: tu, Mirkoeilcane, anche Moro è romano. C'è un nesso secondo te?
Io penso che ci sia una voglia di esprimersi dei giovani in generale, e Roma negli ultimi anni è stata una fucina di talenti. Dobbiamo molto al movimento rap che sta emergendo. La musica sta unendo tanti ragazzi che sentono il biogno di esprimere qualcosa.

Come vivi la tua Roma?
Non sono mai stato al Colosseo e pochissime volte in centro. Io conosco i quartieri dove sono cresciuto, San Basilio, Talenti, Montesacro. Ma la periferia non è solo spaccio e microminalità. Ci sono zone più abbandonate di altre. Ma tra i miei amici non c'è ne è uno che spaccia o ruba, c'è chi lavora al forno, chi studia, chi lavora con il papà. Io stesso ho lavorato come cameriere, ho fatto le cose normaili che fanno tutti i ragazzi dopo la scuola.

Hai votato?
«No, ero fuori Roma. Ma non avrei votato comunque, non mi sento preparato. Però odio la retorica».

Ci sono fenomeni romani nati anche grazie alla tv, tipo i Maneskin. Tu cosa pensi dei talent?
«Non mi piacciono i bacchettoni della musica: non si può ghettizzare una persona perchè è uscita da un talent. Da questi programmi sono emersi anche tanti bravi artisti, ma mi piacerebbe ascoltare più inediti: ci sono tanti autori in giro, vorrei vedere album nuovi».

La canzone a cui sei più legato?
«La stella più fragile dell'universo: era un periodo di vita che mi è rimasto attaccato alla pelle».

Con chi ti piacerebbe lavorare?
«Cremonini».

Un messaggio ai giovani che sognano di arrivare sul palco di Sanremo come te?
«Credete nel vostro talento, Guardate fuori, esplorate, cercate di capire come funziona la musica. Sognate ma rimanete con i piedi per terra. Bruciarsi è un attimo»

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