Tommaso Paradiso: «Le parodie? Vuol dire che ho successo». E punge Fedez

Tommaso Paradiso: «Le critiche? Vuol dire che ho successo». E punge Fedez
di Maria Elena Barnabi
4 Minuti di Lettura
Venerdì 21 Settembre 2018, 18:33 - Ultimo aggiornamento: 22 Settembre, 00:17

Il golden boy della canzone italiana si chiama Tommaso Paradiso, ha 35 anni, barba e ciuffo lunghi, ed è mente e voce dei Thegiornalisti. Tutto quello che scrive diventa oro. Perché? Una qualsiasi universitaria risponderebbe «perché è un fico ed emoziona». Di sicuro i pezzi sono ariosi e pop, un po' Venditti, e un po' Battisti e Vasco. Il suo ti mando un vocale di dieci minuti è diventato uno slogan generazionale per ventenni e trentenni che nell'arrabbiatura (più o meno sincera) dei rapper non si riconoscono più, e neppure nell'impegno politico dei cantautori degli Anni 90.
 


Nati come fenomeno indie, Thegiornalisti da due anni sono stabili nelle radio e nelle piattaforme online, prima con i vari singoli dell'album del 2016 Completamente sold out e poi con i singoli estivi Riccione (2017) e Felicità puttana (2018). Nel mezzo, Paradiso ha scritto e collaborato con molti altri (fra i tanti Luca Carboni, Gianni Morandi, Noemi, Fabri Fibra) per un totale di almeno dieci successi. Oggi esce il nuovo album dei Thegiornalisti, Love, che ha almeno tre pezzi destinati a fare sfracelli: New York, Zero stare sereno e Love, inno romantico scritto da Paradiso per la fidanzata Carolina.

Amore, amore, amore: c'è o ci fa?
«Io sono banalmente sentimentale, semplice, spontaneo. E così è la mia musica. La scrittura è il mio luogo privato dove nessuno entra».

E i due Marco, cioè Primavera e Musella, gli altri due della band, che dicono?
«Niente. Sono da sempre al mio fianco e sanno che quella è roba mia».

Perché avere una band, allora?
«Amo le famiglie e avere intorno persone che mi fanno stare bene. Sono sempre stato un accentratore».

Ha mai provato a cambiare?
«Sì. Ho cercato di essere più sofisticato e meno pop. È andata malissimo. La gente sente puzza di fake. Quando invece torno a casa alle tre di notte, magari brillo, e sento l'energia dentro, mi metto al piano, non riesco a frenarmi, e scrivo».

Ha appena descritto una scena che Le Coliche potrebbero ricreare come sua parodia...
«Loro sono bravissimi. E non mi danno fastidio. Se ti imitano vuol dire che hai successo e sei un personaggio. E per il mio lavoro è un bene. Comunque anche al liceo mi facevano la parodia. Pausa sigaretta?».

Che liceo ha fatto?
«Il classico. Privato. Ma non dico quale. Preferisco dire che ho fatto filosofia a Roma 3».

Perché? Si sa che la sua famiglia commercia in pietre preziose. qual è il problema?
«Nessuno. Tutti gli artisti vengono da famiglie come la mia. Altrimenti come campi?».

Mica tutti, guardi Fedez
«Mi riferivo ad artisti. Tipo Niccolò Fabi e Max Gazzè».

Un regalo speciale che si è fatto ultimamente?.
«Quando viaggio, prendo la business. Cambia tutto, anche se tutto questo me lo sono guadagnato».
Quest'anno è andato a Sanremo come ospite con Gianni Morandi. Uno schiaffo morale ai suoi detrattori.
«Claudio voleva che andassi in gara. Ma gli ho detto di no perché non mi piace la competizione. Però ho poi aggiunto: Dimmi cosa potrei fare e lo farò. E così sono andato a cantare con Gianni la canzone che avevo scritto per lui».

Morandi, Baglioni All'improvviso la vogliono tutti.
«Sì, e hanno cominciato loro. Gianni e sua moglie Anna sono straordinari: sono stato a cena da loro, mi hanno trattato come un figlio».

Chi altro l'ha chiamata?
«Antonello Venditti. Mi ha detto: Scrivi un pezzo pure per me (e gli fa il verso, ndr). L'ho quasi finito, non vedo l'ora di darglielo».

E poi?
«Ho cenato con Gianna Nannini e mi ha fatto un sacco di complimenti. Per me
Fotoromanza è la vita. Le ho detto che se al prossimo concerto la fa e non mi invita sul palco, mi incazzo. Ha promesso che mi chiamerà».

Un sogno?
«Vasco Rossi è dio. Come scrive lui è incredibile. Frasi semplici: soggetto, verbo, complemento. Anch'io sto sfrondando i testi. Voglio solo l'essenziale. Alla fine lui dice solo Eh, e dentro c'è tutto».

La canzone che chiude il disco si chiama Dr. House e parla di suo padre.
«Da Fantozzi a Bud Spencer elenco dei personaggi maschili che per me sono sempre stati di riferimento. Quando sto male, vedo un loro film e mi sento a casa. Non ho mai conosciuto mio padre, magari li ho idealizzati per quello».

Le è mancato?
«No. Grazie a mia madre non è mai stato un'assenza».

Mai saputo chi era?
«Quando sono nato io, il 25 giugno 1983, non c'erano i social. Così sono cresciuto fino ai 18, 20 anni».

E poi?
«Ora conosco il suo nome».

Magari gli sarà capitato di ascoltarla in radio.
«So che è successo.
Ma la storia finisce qui».

© RIPRODUZIONE RISERVATA