Tiziano Ferro torna a tre anni dall'ultimo album con "Il Mondo è nostro", in uscita l'11 novembre per Virgin Records/Universal Music Italia. Un disco di bilanci, intimo, delicato ma anche amaro, dove l'artista di Latina si mette a nudo tra depressione, omogenitorialità e rivalsa. È un senso di rivincita a dominare l'ultimo lavoro musicale, nel quale la sincerità è bella ma si paga a caro prezzo. «Se non avessi scelto a monte del mio percorso psicologico, che mi ha portato ad accettare la mia sfera sentimentale, di condividere questa mia parte personale con il pubblico, oggi non dovrei star lì a raccontare di quanto sia giusto essere padre o meno. La mia sincerità mi si è ritorta contro e quindi mi sono sentito solo e additato nella vita, ma non mi sono mai fermato». Un disco dove Tiziano sembra aver trasformato in opportunità la pausa imposta dalla pandemia: «In effetti è stato così. Credo che il ruolo dell'artista sia anche quello di creare un pò di luce in un momento di buio. Così ho cercato di raccontarmi e di dare la mia interpretazione della realtà».
"Il mondo è nostro": per l'estate tour negli stadi
A 42 anni Tiziano Ferro si guarda allo specchio senza paura per fare pace con il passato e aprire un nuovo capitolo della vita. La title track "Il mondo è nostro" vuole essere una riflessione sul ruolo dell'artista figlia della pandemia. «Durante quei mesi ho sentito l'obbligo morale di fare qualcosa.
La battaglia di Tiziano per i diritti
Ferite e frustrazioni si respirano tra le canzoni di "Il mondo è nostro", dove il cantautore fa sentire la sua voce anche sul tema dei diritti in Italia. «Siamo molto indietro. E lo si deve fare a prescindere dalla direzione politica: inutile parlare di governo di oggi o di ieri, non credo sia cambiato molto con il nuovo esecutivo. E lo dico con tristezza. L'Italia è un Paese che ha bisogno di costruire e di crescere, mi auguro non si perda tempo a distruggere». Tiziano Ferro, che da tempo si spende per il riconoscimento dei diritti civili, presentando il suo nuovo disco non si tira indietro e torna a parlare della sua esperienza (con il marito Victor hanno adottato due bambini) e di quella di tanti altri. «Io parlo di una storia fatta di due padri, ma non c'è bisogno di arrivare a quello per capire quanto siamo arretrati. Ma sono ottimista: gli slogan in campagna elettorale sono una cosa, ma sarebbe assurdo dedicare tempo alla distruzione o a peggiorare la condizione di qualcuno. Togliere diritti a qualcuno non migliora la condizioni di nessuno». La vita lo ha portato a vivere negli Stati Uniti anche per veder riconosciuti certi diritti civili che in Italia sono ancora lontani. «Siamo indietro. C'è urgenza di alzare l'asticella e lo si deve fare a prescindere dalla direzione politica: non credo sia cambiato molto con il nuovo esecutivo. L'Italia è un Paese che ha bisogno di costruire e di crescere, mi auguro non si perda tempo a distruggere. Io parlo di una storia fatta di due padri, ma non c'è bisogno di arrivare a quello per capire quanto siamo arretrati. Ma sono ottimista: gli slogan sono una cosa, ma sarebbe assurdo dedicare tempo a peggiorare la condizione di qualcuno. Togliere diritti a qualcuno non migliora la condizioni di nessuno».