Sting: «Torno con i miei successi riveduti e corretti perché la mia voce è cambiata»

Sting: «Torno con i miei successi riveduti e corretti perché la mia voce è cambiata»
di Fiamma Sanò
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Martedì 28 Maggio 2019, 11:24
Un bizzarro incrocio tra Churchill e Cher: un po' statista che discetta di politiche europee, un po' leggenda del pop pronto per uno show stanziale a Las Vegas nel 2020. Nel mezzo, il musicista, Sting. Che torna con un nuovo album, My songs, uscito il 24 maggio. Una raccolta di monumenti suoi e dei Police (Roxanne, Every breath you take e Message in a Bottle le ha suonate ieri al concerto di Radio Italia a Milano), riveduti e corretti con piglio più contemporaneo. «Sono i più conosciuti, così che fosse facile per gli ascoltatori fare il confronto con le versioni originali». Pure se, lui stesso sottolinea, «è soprattutto la tecnologia di registrazione ad essere cambiata». Il progetto nasce «Per divertimento. Mi era stato chiesto di suonare, al capodanno di Times Square, Brand New day. Volevo farla più contemporanea, cambiando un po' il sound. Ci siamo riusciti al punto che è entrata nella top 10 di iTunes».

IL RITMO
Su alcune l'intervento si sente più incisivo, come If you love somebody set them free: «sotto lo strato di produzione pesante c'era un ritmo dance, l'abbiamo enfatizzato. Il lavoro in generale è stato scavare fino a trovare la spina dorsale di ogni pezzo». Quelli degli anni con Summers e Copeland sono quasi identici: «Mi sono preso più libertà con le mie canzoni, non per riverenza nei confronti dei Police, ma in effetti lì quello che è cambiato di più è il suono della mia voce, che ora ha più tessitura, sfumature e storia di quando ero giovane». C'è anche tanta memoria, dentro My Songs. La sua, custodita da un libretto in cui, canzone per canzone, Sting racconta un aneddoto sulla scrittura. Gustoso quello di If you love somebody set them free, nato nel 1985 grazie ad una casa stregata di Hampstead, Londra: «Io sono scettico e razionale, ma le cose che succedevano lì non me le potevo spiegare». E pure le memorie altrui: «Queste canzoni sono il paesaggio della mia vita, ma appartengono anche alle vite degli altri. Mi piace lo scambio e mi piace l'idea di creare una cornice per la nostalgia delle persone. Le mie canzoni hanno valore al di là delle classifiche».

Di inediti per ora non ne ha in progetto: «Gli ultimi cinque anni sono stati prolifici, ho scritto le nuove canzoni per il musical The Last sheep (che ha messo in scena anche in una fabbrica in dismissione della GM a Toronto, e ha il merito «Ma non da solo, con i sindacati», di averne evitato la chiusura. Un impegno working class noto anche in Italia, dove ha suonato al presidio degli operai della Bekaert di Figline Valdarno); ho fatto 57th e 9th e poi 44/876 con Shaggy. Non sono a corto di canzoni, pure se ognuna la vivo come se potesse essere l'ultima. Il prossimo album sarà per forza di inediti, dovrò affrontare la pressione del foglio bianco». Perché se negli anni «spero di essere diventato un autore migliore, un migliore leader di band e un migliore bassista, ma quando sei giovane hai più energia e certe cose le fai d'istinto, ora è più difficile scrivere canzoni».

IL PERICOLO
Intanto una novità c'è, il voto alle elezioni: «Per la prima volta ho votato lib-dem e non laburista. Il risultato comunque non mi scoraggia, la tanta affluenza alle urne mi fa sperare». Sulla Ue dice: «Sono a favore del remain. È chiaro che l'unione va riformata, ma per farlo bisogna rimanere al tavolo. La gente dimentica il più grande successo dell'Europa unita: 70 anni di pace. Diceva Churchill: dobbiamo smetterla di ucciderci, e iniziare a fare scambi commerciali. Così è nata la CeCa, e così io non ho mai dovuto puntare un fucile contro un tedesco, come mio nonno e mio padre». Un cenno all'ambiente: «L'unico vero pericolo dei nostri giorni è il cambiamento climatico. Nessun Paese può invertire la tendenza da solo, bisogna che Europa, Stati Uniti e Cina lavorino insieme». Detto questo, Sting si prepara per il tour, che inizia oggi da Parigi, passa in Italia il 29 luglio al Lucca Summer Fest e il 30 all'Arena Live di Padova.

Nel 2020 arriva la residency al Ceasar's Palace di Las Vegas: «Ho passato la maggior parte della mia vita a suonare in città diverse, viaggiando continuamente. Esibirmi in un unico posto, per un periodo di tempo prolungato, non l'avevo mai fatto. Me l'hanno chiesto molte volte, ho sempre detto no, non ero pronto. Ora lo sono, voglio creare un ambiente per la mia immaginazione, dare un contesto visivo alle canzoni, con allestimento, luci, proiezioni, ballerini. Posso fare quello che voglio dentro una stanza, e ci sarà gente che verrà a vedermi da tutto il mondo». Proprio come Cher: «Sì, magari cambierò pure abito ogni pezzo, sono pronto!».

 
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