Sanremo 2021, Ermal Meta: «Io il favorito? Ma non sono qui per fare il bis»

Sanremo 2021, Ermal Meta: «Io il favorito? Ma non sono qui per fare il bis»
di Federico Vacalebre
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Venerdì 5 Marzo 2021, 10:17 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 06:44

Sarebbe sbagliato non considerare il risultato della serata di ieri nel calcolo dei favoriti alla vittoria di questo straniato e straniante Sanremo 2021. Ma la tappa delle cover, si sa, resta un episodio a parte per cui, partendo dalla classifica parziale della giuria demoscopica, considerando che a quella da stasera andranno ad aggiungersi le preferenze della sala stampa e quelle espresse dal televoto, si può ben dire che Ermal Meta, con la sua canzone Un milione di cose da dirti abbia messo una qualche ipoteca sul titolo. Come confermano anche i bookmaker, che però lo danno dietro Fedez-Michielin e alla pari con Annalisa senza curarsi del fatto che, in un ipotetico rush finale, l'albanese, forte anche nel televoto e nella demoscopica, avrebbe di sicuro dalla sua parte il voto dei giornalisti, che pesa un 33 per cento del risultato finale.

 


Ermal, si aspettava di balzare subito in testa alla classifica?
«Proprio no, e poi era solo la prima classifica parziale, già superata da quella di ieri sera. Non sono qui per vincere, ma per fare il mio lavoro di musicista».
Eppure torna da vincitore: nel 2018, con Fabrizio Moro e Non mi avete fatto niente, avete sbancato.
«È vero, ma sembra passato un secolo. Quella era una canzone-schiaffo in faccia, Un milione di cose da dirti no: è una ballad, una canzone d'amore, senza denuncia, senza indignazione, senza effetto Wow. Volevo far emergere un'altra faccia della mia sensibilità, raccontata in maniera più completa nell'album Tribù urbana, in uscita il 12 marzo».
Va bene, ma ora inizia almeno a fare un pensierino sulla vittoria, anche se all'Ariston spesso chi entra papa esce cardinale?
«No, anche perché in strani e drammatici giorni come quelli che stiamo vivendo è difficile pensare al domani, concentrarsi sul dopodomani. So però che sto facendo il mio mestiere con impegno, e mi sembra che la mia canzone stia piacendo, e qui ho ascoltato bella musica come quella di Colapesce-Dimartino e Bugo. Le notizie che ascoltiamo in casa ogni giorno mi impediscono di affrontare questo Sanremo come ho fatto in passato, come spero di tornare a fare presto».
In testa abbiamo tutti «un maledetto muro», come cantava Ivano Fossati.
«Sì, distenderci, pensare alla leggerezza di una canzone, è difficile. Ed io ho scritto e canto una canzone leggera, d'amore, piccola, che ha bisogno di più ascolti per farsi possedere».
È vero, in teatro è probabilmente risultata più convincente. Fa venire in mente, ma forse è solo una suggestione, il Lucio Dalla che sapeva cantar d'amore, quello di Cara, per esempio.
«Lo prendo come un complimentone, grazie».
Proprio Lucio Dalla, nel giorno del suo compleanno, ieri ha deciso di interpretare per la serata delle cover. Ha cantato Caruso con un grande rispetto per il testo e il sottotesto. E anche con un ottimo dialetto napoletano.
«Quest'ultimo me lo hanno insegnato i ragazzi della Napoli Mandolin Orchestra che mi hanno accompagnato: mi hanno spiegato quali vocali elidere alla fine della parola, e quali consonanti raddoppiare. Napoli e la sua canzone sono nel mio cuore, sono un patrimonio culturale dell'Italia intera, del mondo tutto, come dimostra la perla che racconta la storia del più grande tenore di tutti i tempi come una poesia stesa su una melodia assoluta. L'ha scritta un bolognese che voleva farsi napoletano. Io non ambisco a tanto, anche se tifo per la squadra allenata da Gattuso».
Ma com'è cantare alle sedie vuote?
«Difficile, strano, ma ci sono milioni di cuori in ascolto a casa e viviamo strani giorni, l'abbiamo già detto. Per Amadeus, per Fiorello, è ancora più difficile e dobbiamo a loro se, in qualche modo, per qualche giorno, riusciamo a tornare a parlare di canzoni, musica e sentimenti, nonostante tutto».
 

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