Max Pezzali: «Roma, un'amica che non lascia soli»

Max Pezzali: «Roma, un'amica che non lascia soli»
di Andrea Scarpa
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Lunedì 11 Novembre 2019, 16:31 - Ultimo aggiornamento: 19:14

Nel panorama della musica pop italiana, Max Pezzali è l'unico che, a 52 anni (li compie giovedì 14), può permettersi di usare certe parole - 'Sti cazzi - senza risultare giovanile, quindi ridicolo, ed essere ancora efficace e credibile. Lo ha appena fatto in un passaggio del suo nuovo singolo, In questa città, suo personalissimo omaggio a Roma, dove è nato e vive suo figlio Hilo, 11, avuto dalla prima moglie Martina Marinucci (ad aprile ha fatto il bis con Debora Pelamatti).
Una ballad tutta sulla Capitale: perché?
«Sono di Pavia, vengo dalla provincia, ma amo incondizionatamente Roma. Qui ho vissuto quasi dieci anni e anche se sono tornato a risiedere dalle mie parti, ogni nove-dieci giorni sono sempre qui. Da mio figlio. Anche questa è casa mia».
Non vivendoci più come le sembra adesso?
«Un casino, ma sempre una meraviglia. Roma ho imparato ad apprezzarla sotto una nuova luce. Questa è una città che, nonostante tutto, si rigenera sempre facendosi scoprire ogni volta in maniera diversa».
Questa sua nuova canzone è un viaggio in città, fisico e sentimentale, che cita Termini e Prati Fiscali, Villa Borghese e la Tangenziale, il paddle e il derby: cos'è un Bignami sulla Capitale?
«È una raccolta di flash emozionanti, vissuti da uno che ancora si stupisce di tutto. Meglio scendere dal treno alla stazione Tiburtina o a Termini? Per un pendolare come me è l'eterno dilemma. La risposta, visto il traffico, può cambiarti la giornata».
La morale?
«Roma è sempre pronta a svelarti la sua magnificenza, che non è solo nella sua storia e nella sua bellezza incredibile, ma anche e soprattutto nella sua straordinaria capacità di non farti sentire mai solo. Il bello di questa città è che in un modo o nell'altro ti fa sempre trovare un amico che non pensavi di avere, o qualcuno che grazie a una battuta ti fa subito sentire a tuo agio. Se non ci si vive, però, questa cosa non si può capire».
Come le sembrava Roma vista da Pavia?
«Magica. La prima volta fu nel 75, durante l'Anno Santo, quando mio zio fece il giuramento militare. Più tardi ci tornai per fare l'esame da compositore Siae, mentre negli Anni 90 ci venivo spesso perché c'era il Locale, posto ormai mitico dalle parti di vicolo del Fico, in cui artisticamente succedeva di tutto. C'erano Max Gazzè, Alex Britti, Daniele Silvestri, Tiromancino, Rocco Papaleo... Mi innamorai in quel momento di Roma, dal punto di vista intellettuale era vivacissima. Era più avanti di Pavia, ovviamente, ma anche di Milano. Poi negli Anni Duemila, da residente, capii che avevamo tanto in comune».
Cosa?
«Roma ha la capacità di entusiasmarsi in un attimo ma anche di cambiare idea altrettanto velocemente. Cosa che l'avvicina alla provincia, sempre pronta a tutto ma anche a tornare ogni volta nello stesso localino sotto casa a mangiare la carbonara. Roma è enorme ma poi alla fine nel quartiere ci si conosce uno per uno e magari quelli di una zona non conoscono nulla e nessuno dell'altra: Roma nord ignora tutto di Roma sud e viceversa. Come Pavia non sa niente di Milano, che sta a 30 km di distanza. Anche per questo qui mi sento a casa».
Canta 'Sti cazzi perché?
«Perché quando le cose vanno male c'è sempre qualcuno pronto a dirti che tutto si aggiusterà. E se non sarà così, sti cazzi. Una filosofia di vita straordinaria».
Nella canzone c'è posto anche per i cinghiali.
«Io ho casa a Roma nord, vicino al parco dell'Insugherata, quindi me li ritrovo quasi tutti i giorni davanti al portone. Io e gli altri vicini ci siamo abituati e loro, i cinghiali, si sono abituati a noi. Hanno uno sguardo simpatico, con gli occhi tristi, e scodinzolano sempre. Sono tozzi ma velocissimi, i cinghiali. Mi piacciono. Anche loro, ormai, sono Roma».
Il nuovo singolo anticipa un disco in uscita nel 2020: come sarà?
«Oggi l'idea dell'album come opera compatta, con un concept, non ha più senso: sarà una raccolta di canzoni. Fotografo la mia vita per immagini affrontando vari momenti. Il quadro di insieme sarà il ritratto di me stesso, oggi».
Cosa cerca? Qual è la sua priorità oggi?
«L'autenticità. Dopo quasi trent'anni di carriera è l'unica cosa che conta».
La copertina di In questa città l'ha disegnata Zerocalcare: siete amici?
«Sono un suo fan da sempre. E poi nonostante età e provenienza diversa, abbiamo scoperto di avere molti punti in comune».
Quali?
«Riuscire ad aprirsi molto di più attraverso quello che creiamo che di persona».
Fiorello ha anticipato la copertina sui suoi social: per caso andrà a Sanremo, in gara, dall'amico Amadeus?
«No. Ho fatto il voto: mai più... Quello che sto cercando di fare adesso è raccontare storie che di sicuro non passano per Sanremo. Voglio godermi il privilegio di fare le cose giuste e non quelle utili».
Il video, in cui si vede anche suo figlio, finisce al Gianicolo ed è firmato da Giorgio Testi, regista che ha lavorato con Blur, Oasis, Adele, Amy Winehouse ed Elton John: è vero che non vi vedevate da 26 anni?
«Sì. C'eravamo conosciuti al Festivalbar del 93. Mi ha anche fatto vedere una nostra foto insieme: irriconoscibili...».
Senta, cosa è impagabile di Roma?
«Il lunedì mattina nei luoghi di ritrovo: bar, uffici, scuole... Dopo una domenica di calcio, Formula Uno o quello che è, si arriva a un livello di socialità meraviglioso. Non conta chi sei o quello che fai, tutto è azzerato. In quel momento sei uno che recita una parte in una commedia umana fantastica. Tutti dicono di tutto e fanno battute stupende. E anche in questo Roma è unica».
 

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