Cocciante torna a esibirsi dopo anni di assenza: «Mi mancava il palco e adesso me lo godo»

Il popolare cantautore festeggia mezzo secolo di carriera: «Il cinquantennale è un pretesto: avevo voglia di recuperare il legame con il pubblico». Domenica il concerto a Roma

Cocciante torna a esibirsi dopo anni di assenza: «Mi mancava il palco e adesso me lo godo»
di Mattia Marzi
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Venerdì 29 Luglio 2022, 00:06

Bella senz’anima, Margherita, Quando finisce un amore, Se stiamo insieme, Io canto: sono solo alcune delle gemme che compongono il suo repertorio. Canzoni impresse nella memoria collettiva, passate ancora oggi in radio e spesso cantate pure nei talent dagli idoli dei ragazzini. Riccardo Cocciante le ha lasciate per anni in un cassetto, con il successo internazionale di Notre Dame de Paris – dal 1998 l’”opera popolare”, così come la definisce lui, che ne ha composto le musiche, è stata portata in scena in 23 paesi davanti a 15 milioni di spettatori – che ad un certo punto è riuscito a regalargli soddisfazioni pure maggiori dei 10 milioni di dischi venduti nel corso della sua carriera. Ci voleva un anniversario importante come quello legato ai cinquant’anni dall’esordio per convincere il 76enne cantautore a tornare a cantare i suoi successi dal vivo. 

L’ORCHESTRA
Il tour Cocciante canta Cocciante vede il musicista tirare fuori dal cassetto quelle gemme, suonandole insieme ai 32 elementi dell’Orchestra Sinfonica “Saverio Mercadante” diretta dal maestro Leonardo de Amicis: «Non ho mai abbandonato la forma canzone.

In fondo erano canzoni anche quelle di Notre Dame de Paris. Solo che ad un certo punto sentii l’esigenza di raccontare storie più articolate», dice lui, che domenica sera si esibirà sul palco della Cavea del Parco della Musica a Roma, la città che lo accolse quando a 11 anni con la sua famiglia emigrò da Saigon, in Vietnam, dove era nato (da madre francese e padre italiano). 

Le mancava il palco? 
«Sì. Il cinquantennale di carriera è un pretesto. Il vero motivo che mi ha spinto a tornare a viaggiare (da ventidue anni vive a Dublino, in Irlanda, ndr) è stata proprio la necessità di recuperare quel legame con il pubblico che in questi anni avevo messo da parte». 

Il calendario del tour comprende solo otto concerti: come mai non è stato più generoso? 
«Questa tournée è solo un’anticipazione dei festeggiamenti veri e propri, che ho rimandato al 2023. Saranno più impegnativi». 

Cosa sta preparando? 
«Un nuovo album di inediti. Il primo dopo diciassette anni. Ho diverse canzoni pronte, molte frutto della collaborazione con Pasquale Panella, autore dei testi di Notre Dame de Paris. Ma ho detto già troppo (ride)». 

Pensa a un passaggio a Sanremo?
«Come ospite, se mi invitano: la gara non mi piace». 

Il suo primo disco, “Mu”, è del 1972. Perché ha deciso di posticipare i festeggiamenti? 
«Quel disco uscì alla fine dell’anno. Mi capita di riascoltarlo, a volte. Era un concept di musica prog, ma melodica. Lo registrammo in quindici notti agli studi della Rca di via Tiburtina, in maniera rocambolesca». 

Il successo vero e proprio quando arrivò? 
«Con Anima, due anni dopo: dentro c’erano Bella senz’anima e Quando finisce un amore. Fu un disco di rivolta contro i produttori che volevano che continuassi a fare rock, mentre io, cresciuto ascoltando le arie d’opera, cercavo aperture più melodiche. L’exploit internazionale dimostrò che avevo ragione io». 

È vero che “Bella senz’anima” in Spagna diventò un inno di ribellione contro la dittatura di Franco? 
«Sì. E ancora oggi non mi spiego perché. Avvenne la stessa cosa in Cile e in Argentina. Fu interpretato come un invito alla rivolta». 

Negli Anni ’70 per un cantautore prendere posizioni politiche era un dovere. Lei perché non si è mai schierato? 
«Per carità: non ho mai voluto aderire a partiti. Ero un alieno. Mentre gli altri andavano alle Feste dell’Unità io canto Margherita, che era esattamente ciò che non ci si aspettava da un cantautore in quegli anni». 

Se non ci si schierava, si veniva bollati come fascisti. Ne sanno qualcosa Battisti e Baglioni. Capitò anche a lei? 
«No. Ma me la fecero pagare in modo diverso: la critica non mi considerò. Sono sempre stato ai margini e ho dovuto faticare di più». 

Laura Pausini ha inciso una cover di “Io canto”. Patty Pravo ha portato al successo “Poesia”. Mina ha cantato “Margherita”. La più brava a interpretare Cocciante, tra le donne? 
«Senza nulla togliere a Mina, con la quale registrai Questione di feeling, dico Patty Pravo. La sua versione di Poesia contribuì al mio successo». 

La Pausini l’ha mai ringraziata per averle permesso di incidere “Io canto”, che le fece vendere milioni di copie a livello mondiale? 
«No. Sono stato io a ringraziare lei, per aver dato una seconda vita a quella canzone». 

“Notre Dame” continua a riscuotere grossi successi. È vero che sta pensando di riportare in scena anche “Giulietta e Romeo”? 
«Sì. Se ne parlerà nel 2024, dopo le celebrazioni per i cinquant’anni di carriera. Ci restai male quando nel 2013 l’impresario David Zard (scomparso nel 2018, ndr), con il quale avevamo già vinto la scommessa di Notre Dame, preferì alla mia versione quella di Gérard Presgurvic. Non me l’aspettavo e non fu piacevole essere messo da parte. Quell’opera meritava e lo dimostrerò».

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