Renzo Arbore: «Il vero successo è stato rendere pop 'O Sole mio. Rimpianto più grande? Non aver fatto una famiglia con Mariangela Melato»

Il grande protagonista dello spettacolo si confessa: «Quello che ho fatto per la tv ha messo in ombra la mia missione musicale, avere rilanciato la canzone napoletana»

Renzo Arbore: «Il vero successo è avere reso pop 'O Sole mio. Rimpianto più grande? Non aver fatto una famiglia con Mariangela Melato»
di Paolo Graldi
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Mercoledì 15 Febbraio 2023, 22:23 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 23:48

Una gigantografia di Renzo Arbore campeggia all’ingresso della produzione tv di via Teulada: lui sorridente, un marchio di fabbrica. Nato nel 1937 a Foggia, laurea in Giurisprudenza alla Federico II di Napoli la sua carriera artistica rappresenta per ampiezza, diversità e amore del pubblico qualcosa di assolutamente unico. Musica in tutto il mondo con l’Orchestra italiana, strepitosi successi alla radio con Gianni Boncompagni, (Bandiera Gialla, Alto Gradimento), trionfi televisivi con Quelli della notte, Indietro tutta, Speciale per me, e poi film, una sterminata produzione di spettacoli e un affetto avvolgente per il clarinetto. In questa intervista Arbore si apre a domande che indagano sulla sua prodigiosa esistenza di grandissimo uomo di spettacolo, a tratti, una confessione a cuore aperto.

Renzo Arbore, una vita ad Alto Gradimento: soddisfatto di tanto successo? 
«Certamente sì, non mi lamento.

La critica però avrebbe dovuto essere più generosa con la mia “Orchestra Italiana”. Questo è l’unico rammarico».

Rammarico: perché?
«Insomma, i miei 1600 concerti in trent’anni dal 1991 al 2021, l’orchestra stabile più longeva del mondo: meritavamo di più, ma in pochi lo sanno».

La sento amareggiato.
«Della mia notorietà la televisione si è mangiata tutto: la musica è stata vista come un ripiego. Errore. Io ho rilanciato la canzone napoletana, per la prima volta e prima che lo facessero i napoletani stessi. I quali l’hanno fatto, alle volte, addirittura con riluttanza».

Un trionfo planetario?
«Facevo concerti di tre ore l’uno con le più belle canzoni napoletane. Siamo stati in Cina, Giappone, Russia Sovietica e anche Russia dopo la fine del regime. Tre, quattro volte sulla Piazza Rossa. Nord e America Sud America e non parliamo di New York, ci sarò andato sei volte…»

Una critica che considera ingiusta?
«Diceva qualcuno che la mia musica era “musica turistica”: ‘O sole mio, quando io ho cominciato veniva snobbata persino dai cantanti napoletani. Adesso ‘O sole mio è la canzone più popolare del mondo. Non la canzone napoletana più popolare del mondo, ma la canzone più popolare del mondo. Questa è la mia medaglia».

Grandi soddisfazioni dalla tv, vero?
«Non parliamone per niente di tutto quello che ho inventato per la televisione, solo che questo ha oscurato il mio lavoro artistico della parte musicale, tutti ritornano sempre su quello che ho fatto in televisione. Ho lasciato il video perché avevo un altro messaggio, un’altra mission, quella di rilanciare la canzone napoletana».

Cambiamo spartito. Qual è la parola più bella che le viene in mente?
«Affetto».

Quali sono le parole sulla vita nelle quali si riconosce di più?
«Educazione, generosità e fratellanza: parole in disuso, poco frequenti nel mio ambiente».

Ricorda la frase più profonda della sua vita?
«Una frase di mia madre: “Eravamo giovani, eravamo felici e non lo sapevamo”»

C’è stato un maestro, un punto di riferimento che l’ha guidata? E quale insegnamento le ha dato? 
«Mio padre. L’insegnamento è la simpatia. Mio padre, che era medico, diceva sempre che con la simpatia si poteva fare anche un lavoro come il suo. Ho sempre cercato di seguire questa linea: fare un lavoro, sorridendo. Il sorriso è contagioso».

C’è una cosa che avrebbe voluto fare e non ha potuto realizzare?
«Diventare un grande jazzista».

Una cosa che le procura un dolore o un rimpianto? O un rimorso…
«Non avere fatto una famiglia con Mariangela Melato. Il rimorso più grande della mia vita».

La memoria: quale uso ne fa?
«Sono un grande coltivatore della memoria che con l’età tende a svanire. Cerco di mantenerla con l’esercizio. Ho dei bellissimi ricordi che meritano di non essere dimenticati».

La gelosia è un male necessario o un inutile fardello? 
«Purtroppo, è un male necessario anche per un artista».

È mai stato geloso?
«Con moderazione».

La fedeltà è un valore non adattabile o suscettibile di qualche variazione? 
«La fedeltà in sé stessa non è negoziabile, a meno tu non venga deluso».

La cattiveria: come si manifesta?
«Si manifesta disprezzando o non curando chi ha bisogno di te. Per me è la cosa più lontana dalla mia personalità. Non mi vergogno di essere buonista».

L’ha mai incontrata la cattiveria?
«Diciamo non di rado. Anzi spesso, in compagnia dell’invidia».

C’è un tratto del carattere degli altri che le è insopportabile?
«Le persone avare sono mi insopportabili, ma non lo manifesto apertamente».

I libri che cosa rappresentano per lei? 
«Un mondo in continua esplorazione. Un sapere che si accumula anche e si somma ad un altro sapere. Come diceva Socrate: non si finisce mai di imparare. Dedico alla parola scritta, anche grazie alle nuove tecnologie, moltissimo tempo. Sono infaticabile».

Il cibo: qual è il piatto che la fa sognare, che la riporta all’infanzia?
«Il gâteau di patate che faceva mia madre. È un piatto napoletano, in questo tradisco con la mia Puglia. Quando ce l’ho davanti non solo ne mangio il più possibile ma lo conservo e qualche volta addirittura lo surgelo».

Qual è l’età critica dell’uomo?
«Purtroppo, è la vecchiaia. È quella età nella quale bisogna imporsi una disciplina per cercare che non si prenda troppa confidenza».

Come vive la sua età?
«Con molta attenzione. Le emozioni sono legate ai ricordi e agli amici che non ci sono più. L’unica è resistere: il sorriso è quello che ti aiuta».

La riconoscenza è la promessa della vigilia o un debito che va pagato?
«La riconoscenza nel nostro ambiente è merce rara. Secondo me è un debito che va pagato solo con un grazie».

A un ragazzo che le chiedesse di dargli il consiglio più prezioso, come un dono per la vita che cosa gli direbbe?
«C’è un’espressione americana: never give up, mai mollare, mai mollare anche in caso di sconfitta».

Qual è il suo rapporto con la musica? E quale musica? 
«È totale. Parte dalla canzone napoletana e passa per il jazz e per tutta la musica accademica e per il melodramma. Nutro molto amore per la musica etnica: musica messicana, peruviana, spagnola».

Le capita mai di mettersi a cantare da solo? 
«Spessissimo. E lo faccio anche come esercizio mnemonico. Ricordare le parole delle canzoni, quelle napoletane e quelle americane».

Che cosa la fa ridere di più?
«Lo stile surreale, strampalato, il nonsense: un esempio? “Sto facendo un discorso terra terra come disse Cristoforo Colombo”».

L’applauso per un artista che cos’è?
«L’applauso è un balsamo straordinario per ogni fatica. È il vero compenso». 

Il successo: che cos’è?
«Per me è un felice traguardo».

Se la “Vita è tutta un quiz” la sua vita a quale domanda fondamentale ha risposto?
«Forse ho risposto con l’onestà intellettuale». 

L’amore e l’amicizia due dimensioni dell’affetto: quale delle due l’ha più appagata?
«L’amicizia mi ha più appagato. Sono stato contornato da amici e con gli amici ho lavorato. Ne ho avuti e ne ho ancora tanti. L’amore è molto complicato e raro».

C’è un momento nel quale dobbiamo decidere di scendere dal ring. Non è ancora il suo momento?
«No, io continuo a saltellare sul ring. E a sorridere, che fa bene. Possiamo anche chiudere. La cosa che da me non ci si aspetta è la banalità ma in questa intervista, spesso, per dire la verità ho dovuto essere banale».
 

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