Raffaella Carrà, Leone: «Racconteremo l'Italia con una serie sulla sua vita»

Raffaella Carrà, Leone: «Racconteremo l'Italia con una serie sulla sua vita»
di Ilaria Ravarino
4 Minuti di Lettura
Venerdì 9 Luglio 2021, 06:48 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 22:24

Si consuma oggi l'ultimo atto del lungo addio a Raffaella Carrà, salutata ieri da persone comuni e personaggi dello spettacolo (tra gli altri, Fiorello, Loretta Goggi e Valeria Marini) in fila tra lacrime, selfie e balletti improvvisati alla camera ardente in Campidoglio, aperta anche oggi dalle 8 alle 11. Celebrati nella Basilica di Santa Maria in Aracoeli a Roma, i funerali saranno dalle 11,40 su Rai1 e RaiNews24, con le esequie in diretta sul maxischermo in piazza del Campidoglio. E proprio nel giorno dell'ultimo saluto alla conduttrice, dal summit dei produttori di Matera l'ex dirigente Rai e presidente di Apa (Associazione italiana dei produttori di audiovisivo) Giancarlo Leone lancia una proposta: una serie tv dedicata a Carrà. «In un prossimo futuro i produttori cercheranno di raccontare in una serie la grande storia professionale e umana di Raffaella - dice Giancarlo Leone, ex dirigente Rai e presidente di Apa (Associazione italiana dei produttori di audiovisivo), dal summit dei produttori di Matera - Credo che presto ce lo chiederanno anche dalla Spagna e dall'Argentina, dove è amatissima».

Roma, Fabrizio Marrazzo propone Via Raffaella Carrà: «Si intitoli la Gay street al Colosseo in sua memoria»

Come immagina una serie su Carrà?
«Sarebbe interessante riflettere sul ruolo che ha avuto, raccontando la storia della tv italiana attraverso la sua vita.

Nella sua carriera individuo tre grandi periodi. Il primo è quello della scoperta: gli anni Settanta, da quando affianca Mina nel varietà Mille luci fino alle edizioni di Canzonissima. Poi gli Ottanta con Fantastico, Pronto, Raffaella? e Domenica In, quando si accende la sua stella. Infine i Novanta, anni in cui è talmente intelligente da reinventarsi con Carramba. Maria De Filippi le deve molto: l'emotainment (l'intrattenimento delle emozioni, ndr) lo ha fatto per primo Carrà».

Ascolta: Raffaella Carrà, voce e stile: tre canzoni e tre abiti per conoscerla

La serie potrebbe concentrarsi su uno di questi periodi?
«Direi tra gli anni Settanta e Ottanta, ovvero i decenni con i suoi programmi di maggiore successo. Un periodo importante per la tv italiana, che si consolida proprio allora: una tv convenzionale ma libera, con programmi che arrivavano a toccare anche temi come il sesso e le differenze di genere. Fu Raffaella a rompere gli schemi, imponendo nuovi modelli».

Sarebbe una serie Rai? O immagina il coinvolgimento delle piattaforme?
«Se la Rai non fosse coinvolta me ne meraviglierei. Magari in coproduzione con altri Paesi. Non subito, però. Adesso è il tempo del lutto e del ragionamento».

Lei entrò in Rai nel 1983. Ha mai collaborato con Carrà?
«Ci conoscevamo bene, ma abbiamo lavorato insieme solo una volta, nel 2015, con Forte Forte Forte. Otto puntate, regia di Sergio Japino. Tentammo di fare un talent alla The voice of Italy, ritagliandolo su di lei. Non andò benissimo».

Quale fu la forza di Carrà?
«Era un raro caso di conduttrice e autrice, con una completezza di esecuzione, una freschezza e un'originalità unica. Impose con orgoglio la professionalità delle donne in tv: prima di lei ci era riuscita solo Delia Scala, negli anni Sessanta. Fu una grandissima, della stessa caratura di Pippo Baudo, Walter Chiari e Corrado».

Chi potrebbe interpretarla?
«Questo è il vero problema. Certamente, anche nel caso di una coproduzione, dovrebbe essere un'italiana. Ma in questo momento non mi viene in mente nessuno che possa credibilmente incarnarla da giovane».

I ragazzi la vedrebbero, una serie su Carrà?
«Sarebbe bello se la Rai approfittasse del periodo estivo per dedicare il day time, o la seconda serata, a un'ampia selezione dei programmi di Raffaella presenti nelle Teche. Non per farne un montaggio, ma per trasmettere le puntate intere. Sarebbe un bellissimo modo per ricordarla, ma anche per aprire la strada al progetto seriale. Per insegnare ai più giovani quanto la tv di allora fosse avanti. Spesso più di quella di oggi».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA