Radio, Luca De Gennaro: «Con me, dj rock, ascoltate il mondo»

Radio, Luca De Gennaro: «Con me, dj rock, ascoltate il mondo»
di Maria Elena Barnabi
7 Minuti di Lettura
Domenica 8 Novembre 2020, 11:00 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 17:51

Le notti in giro per Roma con un giovanissimo Fabrizio Frizzi, i rave illegali sponsorizzati attraverso Radio 2, i cantanti scoperti e lanciati, le mille interviste. Luca De Gennaro, 61 anni, torinese trapiantato prima a Roma e poi a Milano, direttore artistico di Mtv e Vh1 e attualmente a Radio Capital con Capital Records (da lunedì a venerdì, dalle 14 alle 17), è uno che in 45 anni tra radio e tv ha fatto mille cose e ha condizionato i gusti musicali di più di una generazione. Dal 1981 fino al 1994 è stato a Rai Radio2, al timone di due programmi storici: Weekendance, il megafono “non-ufficiale” dei rave party illegali, e il mitico Planet Rock, il primo a far sentire in Italia l’alternative rock dei Nirvana e a cavalcare il rap combattente dei 99 Posse.

Come direttore artistico di Mtv Italia dal 1996, inoltre, sceglieva quali cantanti lanciare sul canale, che nei suoi anni d’oro, dal 1997 al 2007, prima di YouTube, ha fatto davvero la differenza nel mercato discografico italiano. Da quattro anni è anche curatore artistico della Milano Music Week, che dal 16 al 22 novembre quest’anno sarà tutta in streaming. Come gli Mtv Emas, lo show che ogni anno viene fatto in una capitale europea diversa e stasera sarà in onda dalle 21 su Mtv.

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La radio ha retto bene l’urto del Covid, giusto? «Sì, benissimo. Io meno, visto che il virus l’ho preso. Ero senza sintomi, ho trasmesso da casa. Alla mia età bisogna stare attenti».

Le radio sono piene di ultracinquantenni. Volete lasciare spazio ai giovani o no? «Ci sono già: Carolina Di Domenico, Federico Russo, Carlo Pastore, Alessandro Cattelan sono bravissimi. Tutti talenti sfornati da Mtv».

Tutti televisivi: la gavetta dietro al mixer non si fa più? «Una volta era diverso. Io sono cresciuto ascoltando Radio Luxembourg di notte. Noi vecchietti abbiamo iniziato a 15 anni nelle radio libere degli Anni Settanta. Poi quelli di Milano sono andati nelle radio private, noi a Roma in Rai».

A che età è entrato in Rai? «Ventidue anni, nel 1981. Ero a Bologna al Dams ai tempi del movimento studentesco, di Andrea Pazienza e Freak Antoni, ma sentii che la Rai voleva svecchiarsi assoldando giovani.

Mi trasferii a Roma ed entrai a Radio Luna: prendevo 160 mila lire al mese. Poi mi chiamò la Rai».

Radio Luna quella del programma di Ilona Staller e dei suoi “cicciolini”? «Quella. Purtroppo Ilona ai miei tempi non c’era più. La radio era famosa solo grazie a lei, altro che musica».

Nella radio private romane conobbe Fabrizio Frizzi, suo grande amico. Che faceva? «Un programma comico tutto da solo: si inventava personaggi, vocine, stacchetti, una specie di Fiorello ante litteram. Aveva un talento pazzesco, la Rai lo assunse subito»

Ci racconti della vostra amicizia. «La notte, dopo la radio, passavamo da un locale all’altro e finivamo sempre al “barazzo”, un bar sempre aperto in viale delle Milizie dove andavano poliziotti e gente della notte. La domenica andavamo al mare a Fregene, in Vespa, ci inventavamo giochi di carte assurdi, il fantacalcio con giocatori con nomi buffi. Ragazzate così».

Ma è vero che avevate un vostro rito speciale? «Sì, da allora e per tutta la vita, ci siamo sempre fatti gli auguri il 4 gennaio, non a Capodanno. Era il nostro modo per augurarci buona fortuna. Eravamo come fratelli. Mi manca Fabrizio».

Com’era la vita in quegli anni a Roma? «Se facevi il dj a Radio Rai eri una piccola rockstar. Le ascoltatrici chiamavano tra una canzone e l’altra e poi magari venivano a prenderti all’uscita. Oppure andavi al Piper: nelle serate “laser rock” ho visto gente come i Van Halen e David Bowie. E poi c’era La Vetrina, dietro a Piazza Navona: ci facevo il dj dopo mezzanotte, c’era sempre Gregory Corso, il poeta della beat generation, seduto a bere whisky. Una volta Paul Weller, all’epoca con gli Style Council, si mise in consolle con me».

Per tutti gli Anni 80 fece molti programmi musicali in Radio Rai (Rock Village, Master con Serena Dandini, Stereo City), e le dirette da Sanremo. Che aria tirava all’epoca? «La radio creava le tendenze. Fui il primo a passare i Litfiba, i Denovo, gli Avion Travel. Con Serena Dandini diventammo amicissimi: fui io poi a suggerirle il nome del suo programma, La Tv delle ragazze. Quanto al Festival, gli artisti stranieri non facevano solo l’ospitata, ma un vero concerto. E poi io li intervistavo. Sade, Spandau Ballet, Frankie Goes To Hollywood, Queen, Whitney Houston… Una notte in un localino incontrai i Depeche Mode, i Duran Duran e i Village People che ballavano in pista. E Dave Gahan che pomiciava con una groupie su un divanetto». Girava molta droga? «Sì. Canne, eroina, cocaina».

E lei? Non dica mai nella vita perché non ci crede nessuno. «Qualche canna ogni tanto, ma niente di più. Ho provato anche l’ecstasy a un rave, ma non mi è mai “salita”. Sarò immune».

Appunto, i rave. Tra il 1989 e il 1991 lei faceva Weekendance su Rai Radio 2 e sponsorizzava queste feste illegali. Nessuno in Rai protestava? «Erano solo indicazioni stradali. Dicevo: ragazzi stasera prendete la Pontina tra Roma e Borgo Sabotino e quando sentite la musica, fermatevi. Le feste andavano avanti fino a mezzogiorno, in capannoni dismessi, con centinaia di ragazzi. Venivano dj da tutto il mondo, li organizzavano dei gestori di locali di Roma, io ci suonavo e facevo un po’ da ufficio stampa».

Poi fece Planet Rock, dal 1991 fino al 1994 su Radio2. Lo ascoltavano tutti i ragazzi: perché? «I primi Anni 90, dopo la caduta del muro di Berlino, per la musica sono stati irripetibili. Sono nati il grunge dei Nirvana, il brit pop, l’acid house, il rap italiano, il crossover. Ideai un programma in cui far sentire ciò che stava succedendo nel mondo. Intervistai Kurt Cobain dei Nirvana nel 1994, poco prima che si suicidasse. Fui io a scoprire Frankie hi-nrg, che mi aveva lasciato una rima di Fight da Faida incisa sulla segreteria telefonica, e poi lanciai anche gli Almamegretta. Planet Rock divenne di culto perché i ragazzi ci si riconoscevano».

Il 1993 è l’anno della “Rai dei professori” di Claudio Demattè: Rai3 e Tg3 vennero smantellati. E la radio? «A capo di Radio Rai ci misero Aldo Grasso, che di musica non capiva niente. Portò Moni Ovada e la Gialappa’s, i milanesi conquistarono la radio romana. Chiusero il programma: i fan raccolsero firme e addirittura Billboard scrisse che era uno scandalo. Ovviamente non valse a niente. Me ne andai e nel gennaio del 1996 mi sposai, mi trasferii a Milano ed entrai a Mtv, dove sono ancora oggi».

Mollò la radio così, senza rimpianti? «Avevo un canale televisivo da costruire. Furono anni fantastici. Nel 1997 per lanciare Mtv Italia organizzammo il più grande concerto degli U2: 150 mila persone. Siccome ho sempre amato il rap, sponsorizzai Fabri Fibra e Caparezza, ma anche i Subsonica, i Negramaro e Le Vibrazioni. E poi per dieci anni con il programma Total Request Live, in diretta da piazza Duomo, portammo in Italia Britney Spears, George Michael, Justin Timberlake, gli Oasis, i Blur, Elton John».

Poi lo strapotere di Mtv è finito. Che errori avete fatto? «Non comprare subito YouTube! La crisi è arrivata quando i video musicali sono diventati sempre fruibili online. Così abbiamo risolto virando sulle serie tv e sui reality un po’ trasgressivi come gli gli Osbournes e Jersey Shore».

Cosa le manca di quel periodo? «Lavorare sempre con la musica. Così quando Linus mi chiamò a Radio Capital nel 2007 per me fu una rinascita. Nel frattempo ho continuato a fare il dj, ascoltare gruppi, insegnare all’università, scrivere…».

Lei è il re dei presenzialisti. Nell’ambiente dello spettacolo gira una battuta: “De Gennaro non ce l’ha una casa...”. Vero? «Molto divertente. Le svelo il mio segreto, il “metodo chetichella”: vado al concerto, saluto il cantante in camerino, faccio qualche foto e filmato che metto sui social, alla quarta canzone me ne vado senza salutare nessuno, e a metà concerto sono già a casa a cenare con mia moglie o a portare fuori il cane».

Nel 2015, quando il suo ex capo di Mtv Antonio Campo Dall’Orto fu nominato direttore generale della Rai, si fece per mesi il suo nome come direttore di Rai Radio2. Cosa c’era di vero? «L’offerta non arrivò mai, e forse il mio nome venne fatto fin troppo».

Se gliela facessero ora? «È da 25 anni che sono a Mtv, ma i quindici anni più importanti della vita, dai 20 ai 35, li ho passati a Roma, in via Asiago. La Rai per me è come la prima fidanzata: non invecchia mai, la vedo sempre bella, direi di sì». 

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