Gli Psicologi: «Noi ventenni siamo qui e rottameremo la musica pop»

Gli Psicologi: «Noi ventenni siamo qui e rottameremo la musica pop»
di Mattia Marzi
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 18 Agosto 2021, 20:44

Dimenticate Tommaso Paradiso, Calcutta, Gazzelle: roba praticamente già invecchiata. C'è già una nuova scena che si prende le classifiche e i Dischi di platino mentre il vecchio indie pop resta a guardare. Madame e i Maneskin ne rappresentano solo la punta dell'iceberg. Cosa accumuna i vari protagonisti? Il fatto di avere meno di 25 anni, ma coraggio, grinta e determinazione da vendere. Prendete il duo degli Psicologi. Nelle loro canzoni mischiano rabbia punk e intimismo emo rap, raccontando ansie e frustrazioni della loro generazione, quella dei post-millennials. Uno, Lil Kaneki (vero nome Alessio Aresu), è romano. Non ha avuto un'infanzia serena: tra una madre assente e un padre finito più volte dietro le sbarre, è stato cresciuto dalla nonna nel quartiere San Lorenzo, dove ancora oggi vive. L'altro, Drast (vero nome Marco De Cesaris), è napoletano. Sono entrambi nati nel 2001 e si sono conosciuti sui social parlando di musica rap, poi hanno cominciato a scrivere e a registrare insieme. Parlano spesso di politica e non le mandano a dire. Alessandra, una delle loro prime canzoni, uscita nel 2019, è un inno antifascista in chiave pop-punk. La Alessandra del titolo è la Mussolini: «Fatti due domande se per un uomo così grande / non c'è il giorno della memoria», cantano, mentre nel video indossano magliette militanti. In due anni hanno vinto più di 10 tra Dischi d'oro e di platino, macinando milioni di ascolti sulle piattaforme. Il tour legato all'album Millennium Bug X, uscito ad aprile, il 19 agosto fa tappa allo Stadio del Baseball di Anzio.

Oggi chi muove le vendite sono i ventenni?
«Sì. Abbiamo spodestato tutti quei signori di quarant'anni protagonisti del pop italiano che scrivono con chissà quanti autori e stanno due mesi a lavorare su una canzone sperando di svoltare. Poi arriviamo noi con una canzone storta registrata in cameretta e li mandiamo a casa».


Non esageriamo.
«È la verità. Fino a qualche anno fa se facevi musica e avevi 18 anni non eri credibile. Se lo facevi in casa, peggio, perché il pop pretendeva altri standard. Ora è cambiato tutto».


Vi sentite parte di un movimento?
«Un ecosistema. Ne facciamo parte noi, Ariete, Tredici Pietro (il figlio rapper di Gianni Morandi, ndr)».


E i Maneskin?
«Anche. È bello che si siano imposti per andare al Festival non con una canzone da quarantenni, ma con un pezzo che è tutto tranne che sanremese: non se l'aspettava nessuno, hanno fatto un bel casino.

Ci lega la fame e la voglia di farci sentire».


La rabbia da dove nasce?
«Aspettavamo un grande cambiamento sociale che poi non è arrivato. Ora quel cambiamento vogliamo promuoverlo noi con le nostre canzoni, che sono figlie del rap impegnato e del cantautorato: Guccini, De André, De Gregori».


Questo nome, Psicologi?
«Da Autostima al duetto con Ariete su Tatuaggi passando per Spensieratezza, nelle nostre canzoni analizziamo l'ansia e il disagio della nostra generazione, provando a dare voce ai nostri coetanei».


Voi a Sanremo ci andreste?
«Mai nella vita».


Neppure se a invitarvi fosse Amadeus?
«Andremo al Festival solo quando avremo finito i soldi. Magari quando saremo bolliti, a 40 anni».


Ancora, ma siete in fissa con i quarantenni?
«No, no. Molti vengono anche ai nostri concerti. Siamo partiti parlando ai nostri coetanei perché sapevamo che potevano comprenderci. Poi abbiamo iniziato ad allargare il pubblico: l'obiettivo è quello di riuscire ad essere accessibili a tutti. Ma chi muove i numeri, anche sotto il palco, sono i ventenni».


Cosa non vi piace degli adulti?
«È fastidioso quando definiscono fannulloni i nostri coetanei. Non è costruttivo. Abbiamo bisogno di essere anche compresi, non solo giudicati. La nostra è una generazione ignorata: ci sono stati tolti gli stimoli».


Dalla politica vi sentite rappresentati?
«C'è il rischio di essere fraintesi o che quello che vogliamo dire venga riassunto nel modo sbagliato».


Cosa volete dire?
«Non ci sentiamo rappresentati da questi politici vecchi, troppo distanti da noi».


Ai vostri concerti ci sono scene di disordine?
«No, i fan sono coscienziosi e rispettano le norme».


Il vaccino?
«Lo abbiamo fatto entrambi e invitiamo tutti i ragazzi a farlo, è l'unica soluzione per tornare al più presto alla normalità».

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