Piero Pelù, un singolo con la voce di Greta: «Ecco il mio "Picnic all’inferno"»

Piero Pelù, un singolo con la voce di Greta: «Ecco il mio "Picnic all’inferno"»
di Massimo Cotto
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 9 Ottobre 2019, 21:52
Non è mai stato da lui rimanere sulla staccionata. «Non è rock. Rock è stare da una parte o dall’altra. Rock è essere scomodi e dividere in due. Anche Greta Thunberg divide in due. Anche papa Francesco».

Piero Pelù ha una camicia verde che sembra una macchia della foresta amazzonica. Non è un caso, perché stavolta quello che serve non è trovare il filo rosso che lega i pensieri, semmai il filo verde che annoda il futuro. Il 18 ottobre esce "Picnic all’inferno", un brano destinato a far discutere, perché contiene frammenti del discorso di Greta Thunberg a Katowice, il primo discorso, quello che ha fatto storia.

Partiamo da qui: da dove nasce l’idea?
«Quando la ascoltai per la prima volta, fu uno shock. Greta mi parve davvero una piccola guerriera scesa dalla luna. Aveva 15 anni e ribadiva una sacrosanta verità: non sei mai troppo piccola per fare la differenza. Era determinata, convinta, dura. Spontanea, come forse non potrà più essere. Il discorso che ha tenuto in seguito all’Onu mi è già parso diverso. Non solo nei contenuti: anche nei toni. Più politicizzato. Inevitabile, viste le pressioni. Non so che cosa sarà di lei, che avrà davanti bivi incredibili. So quello che era in quel primo discorso: una bimba forte più di un manga. E allora ho preso la sua voce, ho scritto il brano, gliel’ho fatto ascoltare, ho tradotto i testi e lei ha dato il permesso».

Soddisfatto del risultato?
«Moltissimo. Il modo di parlare di Greta è molto vicino al rap. Come avesse una musicalità interna, tutta sua. Il ritornello è rock, la mia voce a tratti gospel. C’è dentro anche il blues e l’elettronica. Semmai, posso dirle che io l’avrei voluta ancora più veloce. È stato Luca Chiaravalli che ha scritto il brano insieme a me e l’ha prodotto, a convincermi che andava un po’ rallentato. Avrei voluto inserire anche alcune sue immagini nel video, che ho girato io stesso e che sarà proiettato domani in anteprima al festival IMAGinACTION a Ravenna, ma non abbiamo ottenuto l’autorizzazione».

Non ha paura che qualcuno la accusi di aver fatto un’operazione commerciale?
«Mi interessa poco. Scrivo canzoni sull’ambiente dal 1988, l’anno in cui ho inciso "Peste" con i Litfiba. Il mio è un attivismo personale e non codificato, dunque non attaccabile».

Un attivismo che vive anche lontano dalla musica.
«Certo. Il mio credo è: voglio lasciare i posti dove vado in una condizione migliore di quando sono arrivato. Ogni estate riempio decine di sacchetti di immondizia e pulisco le spiagge. Porto via quintali di plastica. Non sono un talebano. Vivo e lascio vivere. Ma mi batto per far capire a tutti che la rovina è dietro l’angolo. Mi è capitato anche in luoghi impensabili».

Ad esempio?
«L’anno scorso, a Sumatra, l’isola indonesiana. Io e Raz Degan arriviamo in un villaggio che sembrava incontaminato, bellissimo. Invece, no. Plastica e rovina anche lì. Ne parliamo con il capo tribù. La discussione si allarga a tutti gli abitanti. Non si rendevano conto che gettare la plastica in mare non è solo un atto di inciviltà: è il principio della fine. La discussione è andata avanti per due giorni».

Le nuove generazioni sono più o meno attente della nostra?
«Ho tre figlie. Greta e Linda sono figlie degli anni Novanta, Zoe è nata nel 2004 ed è naturale per lei trovarsi immersa nella tecnologia. La mia scommessa è contaminare con un po’ di Novecento una millennial come lei. E farle capire che a volte è meglio alzare gli occhi dallo smartphone, perché solo così si riesce a guardare davvero avanti. Il mondo è più di uno schermo, per quanto attraente».

Ci riuscirà?
«Sono ottimista, sempre. Come nella lotta per l’ambiente. Noi dobbiamo essere la goccia cinese che scava la pietra. Ambientalisti veri. Ambientalismo è l’unica parola che termina in “ismo” che non mi fa paura».

Le canzoni possono ancora smuovere le coscienze?
«Le canzoni danno sempre frutti. Magari non li cogli subito, ma prima o poi qualcosa nasce».

C’è anche un tour, che parte il 13 novembre dall’Atlantico Live, a Roma.
«Non posso stare senza suonare. I Litfiba sono fermi e ognuno si ritempra a modo suo. Io vado in tour con i Bandidos (Giacomo Castellano, Luca Martelli e Dado Neri). Si avvicina il 2020, un anno importante per me, perché festeggio i 40 anni di storia musicale. Ho un sacco di progetti e di sorprese, che però adesso devono rimanere tali. Le assicuro però che i miei concerti con i Bandidos saranno una bomba atomica. Però verde».
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