Patty Pravo: «Dieci volte a Sanremo e mi viene da ridere»

Patty Pravo: «Dieci volte a Sanremo e mi viene da ridere»
di Marco Molendini
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Martedì 29 Gennaio 2019, 08:30

L'ultima volta Nicoletta smontò quella strana tensione da mi gioco la vita che i cantanti respirano a Sanremo con un lapidario: «Se non arrivo prima mica mi sparo». Tre anni fa. Stavolta, che è la sua decima sul palco dell'Ariston, la prende così: «Mi viene da ridere».

La fa ridere l'idea di Patty Pravo, la ragazza del Piper, diventata la veterana del Festival?
«Non esageriamo, ci sono anche altri che sono grandi d'età».

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C'è Loredana Bertè. Ma sa che, quanto a donne, siete solo sei su 24.
«Davvero pochine, la predominanza maschile nella musica diventa sempre più forte. Chi decide sono i discografici, gli artisti hanno poca voce in capitolo».

Che effetto le fa stare in mezzo a tanti giovani rappresentanti della nuova musica italiana?
«Anche io mi presento con un rapper come Briga, uno che però sa anche cantare».

Ci vorrebbe, magari, qualche tatuaggio per essere in sintonia perfetta coi tempi.
«Neanche morta, tenersi quella roba addosso? Allora meglio quelli non indelebili, che si possono cancellare. Ma io non ne ho mai fatti e non sono mai stata tentata».

Le interessa, il rap?
«Veramente io ascolto altro, vengo dal blues, dal rhythm'n'blues. Le cose belle che mi piace sentire non sono italiane, fuori c'è buona musica, qui è un po' un casino. I migliori restano sempre gli inglesi e gli americani».

La black music è stata la sua influenza musicale più forte?
«Più che influenzarmi è stata la musica che ascoltavo. Ho ancora un disco da quando ero bambina, un 33 giri di Nina Simone, che ho praticamente consumato a forza di sentirlo. Un'altra passione è stata Ertha Kitt, altra grande voce americana».

Come ricorda il primo dei suoi dieci Festival, quello con Little Tony e La spada nel cuore?
«Tanti anni fa. Quanti?»

Era il 1970, 49 Sanremo fa.
«Sono stata io a volerci andare. Ero curiosa, me ne parlavano tutti e volevo vedere di che si trattava. Così mi presentai da Melis, il boss della Rca, e glielo dissi: Ennio, perché non andiamo a Sanremo?. Mi guardò, come a dire, ma sei matta? Ma poi la scelta venne bene, anche perché c'era stato il grandissimo successo della mia versione di Il Paradiso di Battisti e Mogol. Oggi La spada nel cuore se la ricordano tutti».

Ebbe il premio della critica e arrivò quinta, in quel Festival vinto da Adriano Celentano e Claudia Mori con La coppia più bella del mondo. Ventuno anni fa ha riavuto lo stesso riconoscimento con Dimmi che non vuoi morire.
«Era un gran pezzo che mi ha dato Vasco. Ricordo che decisi di presentarmi in scena senza neppure truccarmi, la canzone non ne aveva bisogno, andava fatta nel modo più pulito possibile».

Qual è il Festival che ricorda con maggior piacere?
«Quello di Per una bambola».

Trentacinque anni fa e lei si presentò con un costume giapponese, anche in quel caso arrivò il premio della critica.
«È stato un Sanremo perfetto, molto rilassato. Ricordo che dietro al palco, prima di andare in scena, scherzavamo con Romina, Al Bano, che poi vinsero, e Iva Zanicchi. Facevamo battute sulla mia coda di capelli lunga quasi due metri. Come fai ad averla così? E io rispondevo: Ho delle pillole americane favolose. Dietro di noi c'erano dei vigili del fuoco che si avvicinarono e mi chiesero: Ci può dare il nome di quelle pillole anche a noi?. Pensavano davvero a una medicina miracolosa. Salii sul palco che ridevo ancora».

A proposito di costumi, quest'anno farà colpo o punterà sulla sobrietà stile Dimmi che non vuoi morire?
«Sarà una cosa particolare con degli abiti all'avanguardia, giacca, pantaloni, perfino del plexiglass».

Si è chiesta chi me lo fa fare, presentarmi per la decima volta a Sanremo?
«Me lo hanno suggerito, mentre stavo completando il mio nuovo album. E, allora, mi sono detta: perché no? Solo che la mia intenzione era di portare un altro pezzo che, invece, non hanno voluto perché sostenevano che era troppo difficile».

Non le suona strano: lei in gara e poi fra i superospiti in passerella senza rischiare c'è chiunque?
«Non sapevo neppure che ci fossero i superospiti. Ma so che si punta sulla linea italiana».

Il venerdì, assieme a lei e a Briga, ci sarà Giovanni Caccamo, un artista di qualità.
«Si, mi piace molto. È sensibile, una caratteristica che in giro è abbastanza rara».

La sua canzone, Un po' come la vita, farà da lancio per il nuovo album, Red.
«Che esce durante il Festival ed è pieno di canzoni bellissime e ha una copertina stupenda».

E poi ci sarà un tour: debutto a Trieste il primo marzo, subito dopo Roma, il 3.
«Sarà abbastanza pesante e tutto teatrale. Ma questa è la mia vita».
 

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