Negrita, un viaggio per non sciogliersi: «Stavamo per separarci, poi è nato il nuovo disco»

Negrita, un viaggio per non sciogliersi: «Stavamo per separarci, poi è nato il nuovo disco»
di Rita Vecchio
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Venerdì 9 Marzo 2018, 08:27 - Ultimo aggiornamento: 11:21

Fermarsi o fare il salto per continuare? Davanti al bivio più difficile per una band, i Negrita hanno scelto di saltare. E hanno continuato. «Eravamo sull'orlo di un baratro. Stavamo attraversando un periodo della vita molto difficile. Ero il più incazzato di tutti perché vedevo la morte della band - confessa Pau, frontman del gruppo - ma ero anche quello che più di tutti non voleva sprofondare. Una mattina mi sono guardato allo specchio e ho detto: Oddio, sono vecchio. Cosa posso fare ancora?».
 



UN FURGONE
E così, Pau, Drigo e Mac, decidono di affittare un furgone, prendono gli strumenti e partono per un lungo viaggio: Londra, Tokyo, fino agli Stati Uniti. «Ci siamo ribellati con questo trattamento shock all'inevitabile finale: la separazione - dice la band di Arezzo - abbiamo cominciato a macinare chilometri attraversando l'America e il deserto, andando in giro per i club e mettendoci ogni sera intorno a un tavolo. Tra cibo, vino e un computer per fare musica. Il risultato? L'anno più bello della nostra vita». Dal Nevada direzione Messico («come cantiamo nella canzone, anche se poi non ci siamo arrivati: sarà la nostra finestra sul futuro», dicono), affittando case e dimorando nella villa di Ron Jeremy. Un viaggio in giro per il mondo che diventa catartico, come lo definiscono: «perchè bisogna passare da un tunnel di schiaffi prima di vedere la luce». Si liberano dei clichet di 9, di Dannato vivere e degli altri album, e sposano l'elettronica che più che mai diventa il loro strumento musicale preferito.
Nascono così gli undici inediti prodotti da Fabrizio Barbacci del loro decimo album in uscita oggi anticipato dal singolo Scritto sulla Pelle. Si intitola Desert Yacht Club.

UN'OASI
«Non solo un titolo - raccontano i tre - ma anche il luogo che ci ha ispirato: un'oasi creativa fondata da Alessandro Giuliano nel deserto di Joshua Tree in California». Luogo che si ritrova anche in copertina. «Un disco che ha pretese e passione. Siamo andati in giro per il mondo con un micro studio di registrazione dietro, fatto di computer portatile, microfono e due strumenti acustici. L'ossatura stilistica di tutto». Un disco ricco di suoni. Funky, reggae, country folk, noise, «che immortala come una macchina fotografica tutto quello che abbiamo respirato. Perché il nostro andare in giro per il mondo non ha niente delle tournée acchiappaconsensi di Eros Ramazzotti o Laura Pausini. Noi, chitarra in spalla e set minimali, siamo andati a sentire la nostra musica rimbalzare tra pareti non italiane, per confrontarci e rielaborare».

LE GENERAZIONI
In Desert Yacht Club non manca il rap, con il featuring di Ensi in Talkin' to You. E tracce come Non torneranno più e La Rivoluzione è avere vent'anni, in cui si parla alle vecchie e nuove generazioni. Nel prossimo futuro, a parte le date firmacopie (10 marzo a Roma) e il tour (12 aprile a Roma, Palalottomatica), il lungometraggio diretto dal fotografo Alessio Pizzicannella, di cui non anticipano nulla se non che il cast sarà di spessore. Un ritorno, il loro, quindi. «Siamo di moda o fuori moda? Non ci interessa. Vogliamo solo portare energia a chi ci ascolta. E far vedere chi siamo a quasi cinquant'anni: pieni di vita, solari, allegri, depressi, incazzati e romantici».
 

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