Oggi esce “Afterallogy”, il nuovo album di Noa e Gil Dor: un viaggio voce e chitarra nel grande songbook americano, tema l'amore

Noa e Gil Dor
di Fabrizio Zampa
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Giovedì 29 Aprile 2021, 16:20 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 03:16

Immaginate di andare in un locale dove una vocalist e un chitarrista intrattengono il pubblico con una serie di classici dell’enorme songbook americano, quello d’annata, pieno di brani che probabilmente avete già sentito in mille diverse interpretazioni ma che stavolta in una semplice versione voce e chitarra risultano diversi e ti catturano proprio per la loro immediatezza forse per l’ennesima volta ma con un fascino decisamente particolare. Il primo è My Funny Valentine (annata 1937, di Richard Rodgers e Lorenz Hart: fra i suoi mille interpreti ci sono Miles Davis, Chet Baker, Julie London, Ella Fitzgerald, Frank Sinatra…) , l’ultimo è Every Time We Say Goodbye (annata 1944, di Cole Porter, già proposta da Caterina Valente, Dinah Washington, Betty Carter, Ray Charles, John Coltrane, Sammy Davis Jr, Annie Lennox, Rod Stewart, Simply Red…), e in mezzo ci sono altri dieci standard a volte più che famosi, di quelli, per intenderci, che registi come Woody Allen amano usare come colonne sonore di splendidi momenti dei loro film.

Ecco, questo è Afterallogy, il nuovo album di Noa e del suo fedele chitarrista Gil Dor, preceduto due mesi fa da un singolo che proponeva My Funny Valentine e dal 30 aprile disponibile nei nostri negozi e sulle piattaforme digitali. Prima di andare avanti è doveroso un riassuntino, specie per chi non ha letto le nostre anticipazioni del 12 febbraio scorso.

Achinoam Nini, ovvero Noa, cantante israeliana di origine yemenita, nata a Tel Aviv, cresciuta a New York nel Bronx e da tanti anni di nuovo in patria (51 anni, sposata con il medico pediatra Asher Barak, tre figli: Ayehli, Enea e Yum) è un’artista internazionale conosciuta per la sua eclettica produzione musicale (vedi Beautiful That Way, tema conduttore del film di Roberto Benigni La vita è bella, premio Oscar), e stavolta ha scelto il jazz per comunicare un messaggio universale: l’amore, quello vero, sincero, senza artifici o giochi di parole, che stavolta esprime vocalmente nella sua essenzialità, e non poteva farlo senza Gil Dor, chitarrista connazionale con cui ha condiviso palchi e contesti di ogni genere.

«Il titolo del disco – spiega Noa – è un’idea di Gil: per lui evoca il tempo di riflessione provocato dall’isolamento a cui ci ha sottoposto questo delicato momento storico, un’epoca di transizione, una riflessione sull’after all, cioè su quel “dopo tutto” che ci invita a guardare indietro per cercare il senso del nostro presente». «Mi sembra giusto pensare – precisa Dor – che questo album sia la risposta al perché facciamo quello che facciamo: lavoriamo fianco a fianco da una vita ma ancora oggi continuiamo a scoprirci l’un l’altro, e tutti e due amiamo le composizioni dei grandi autori americani».

Per costruire l’album e i relativi video i due sono rimasti in totale lockdown nei loro studi di registrazione di Tel Aviv, mentre nel resto del paese si affrontava il Covid vaccinando la popolazione israeliana a più non posso con gli eccellenti risultati che sono diventati, insieme a quelli britannici, un esempio di come far fronte alla pandemia. «Alle incertezze dei tumulti odierni – dicevano i due nelle precedenti anticipazioni - si sovrappone la forza senza tempo dei più grandi classici del songbook statunitense, del jazz, della musica afroamericana, di Broadway, che saranno ripercorsi nel nostro intero progetto».

E adesso che è tutto pronto i risultati dimostrano che quei ragionamenti avevano preso la direzione giusta.

«Siamo andati avanti pian piano, ognuno dal proprio studio casalingo – racconta Noa – premendo a turno il tasto “record” e il tasto “stop” dei registratori, e concentrandoci su quello che amiamo fare: scegliere le canzoni che ci piacciono e che adoriamo senza nessuna restrizione, senza nessun criterio di selezione se non i nostri gusti, insomma facendo solo ed esclusivamente quello che ci piace, con il nostro modo di fabbricare gli arrangiamenti puntando sulle intonazioni della voce, sulle improvvisazioni e sulle incredibili capacità armoniche di Gil. A conti fatti è venuto fuori l’album che volevamo, e visti i risultati stiamo anche preparando una seconda parte del progetto, con altri splendidi standard che stavolta affronteremo insieme a una big band per fare un disco pazzo, con sapori magari anche rock. Succederà presto, preparatevi a tutto…».   

Vediamo la scaletta del disco. Il secondo brano è This Masquerade, scritto nel 1972 da Leon Russell, leggendario vocalist e pianista dell’Oklahoma morto a Nashville cinque anni fa, poi arriva Anything Goes, firmato nel 1934 dal grande Cole Porter per l’omonimo musical che andò in scena per lungo tempo a Broadway. Quindi  è la volta di Oh, Lord!, brano cucito dalla coppia sul testo di una significativa poetessa e scrittrice israeliana, Leah Goldberg: racconta Noa che «l’autrice è seduta in un jazz bar e incontra nientemeno che Dio. All’inizio non le sembra diverso dagli altri ma poi resta incredula quando lui dice di essere venuto per chiedere scusa al genere umano, e per farlo ha scelto proprio quel posto. Gil Dor ha iniziato a comporre questo brano molti anni fa con lo stile di Duke Ellington, ma adesso abbiamo deciso di interpretare il testo in lingua ebraica».

Andiamo avanti. Il quinto pezzo è But Beautiful, scritto nel 1946 da Jimmy Van Heusen e Johnny Burke, già successo di Bing Crosby e Frank Sinatra e inciso anche da Stan Getz, Nat King Cole, Tony Bennet e Lady Gaga. Al sesto posto c’è Something’s Coming, canzone del musical del 1957 West Side Story firmata da Leonard Bernstein su testo di Stephen Sondheim, già eseguita da Jimmy Bryant, Sammy Davis Jr,  Johnny Mathis, Shirley Bassey e dalla band degli Yes.

E ancora, settimo della lista è Calling Home, ballad scritta da Noa e da Pat Metheny e già nell’album Calling dei 1996, anno nel quale ricordiamo che la nostra protagonista partecipò a Napoli, in piazza del Plebiscito, a un concerto di Antonello Venditti. Quindi arriva Darn That Dream, brano del 1939 con musica di Jimmy Van Heusen e testo di Eddie DeLange: lo lanciò il clarinettista Benny Goodman con la sua big band nel musical di Broadway Swingin' the Dream (adattamento della commedia di William Shakespeare Sogno di una notte di mezza estate) ma diventò uno standard del jazz grazie a Miles Davis che lo inserì nel suo storico album Birth of the Cool del 1957, e l’hanno suonato tante star, da Chet Baker a Stan Getz, Clifford Brown,  Max Roach, Gerry Mulligan, Dexter Gordon, Ahmad Jamal, Thelonious Monk. Ancora quattro titoli e siamo arrivati alla fine: sono Lush Life! (lo scrisse nel 1933 il grande Billy Strayhorn, arrangiatore e compositore che con quel brano conquistò sua maestà Duke Ellington, ed è stato ripreso da Ella Fitzgerald,  Sarah Vaughan, John Coltrane, Julie London, Chris Connor, Tito Puente e altri), Every Time we Say Goodbye, Eyes or Rain e Waltz for Neta.

Perdonateci se i dettagli, le precisazioni e le divagazioni sono state tante, ma il lungo viaggio di Noa e Gil Dor nello sterminato songbook americano è stato lungo, attento e complesso, qualcosa di simile a un vasto itinerario nella storia della musica made in Usa, e il loro lavoro ha riproposto sia titoli già noti che pezzi quasi sconosciuti ma di alto livello, grazie a un’esplorazione e una ricerca figlie di un gran gusto musicale e di una sana voglia di riscoprire composizioni spesso conosciute solo da chi è abituato alla fatica e alla gioia di frugare dappertutto per trovare piccole gemme magari quasi dimenticate eppure di grande valore. Ascoltando questo album, questo inno all’amore nelle sue mille versioni, potete riscoprire anche voi brani dei quali non sospettavate neanche l’esistenza e la bellezza. Grazie del vostro impegno, amici Noa e Gil.

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