Lo Stato Sociale: «Altro che vita in vacanza, rischiavamo di scioglierci»

Lo Stato Sociale: «Altro che vita in vacanza, rischiavamo di scioglierci»
di Mattia Marzi
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Giovedì 5 Agosto 2021, 06:56 - Ultimo aggiornamento: 8 Agosto, 10:59

L'ironia è la loro arma migliore. I ragazzi de Lo Stato Sociale la usano anche per fare autocritica. La serie di concerti che quest'estate vede il quintetto bolognese - reduce dalla partecipazione al Festival di Sanremo 2021 con Combat pop - impegnato sui palchi di tutta Italia si intitola Recovery tour: «n'allusione al Recovery Plan di cui si è tanto parlato in questi ultimi mesi, ma non solo: rimanda anche alla riabilitazione nostra come band», spiega la formazione composta da Lodovico Guenzi (35 anni), Alberto Guidetti (35), Alberto Cazzola (37), Francesco Draicchio (35) ed Enrico Roberto (35), per i fan rispettivamente Lodo, Bebo, Albi, Checco e Carota, domenica sera sul palco della Cavea.


Riabilitazione rispetto a cosa?
«Tenere unito il gruppo nel periodo dopo il boom a Sanremo 2018 con Una vita in vacanza, quando da outsider sfiorammo la vittoria, non è stato semplice: lo stress ha rischiato di alimentare le tentazioni solistiche. La pandemia ci ha tolto pure l'opportunità di esorcizzare la crisi suonando dal vivo».


Come siete usciti dall'impasse?
«A ridosso della partecipazione al Festival di Sanremo, quest'anno, ciascuno di noi ha pubblicato il proprio disco solista, sperimentando come meglio credeva pur continuando a comporre con gli altri. Le canzoni sono state poi raccolte nel doppio album Attentato alla musica italiana».


Ma chi ve l'ha fatto fare di tornare in gara al Festival dopo l'exploit di tre anni fa?
«La fantasia non ci è mai mancata: con Dj di merda nel 2019 attraversammo tutta l'Italia in un giorno solo con i pezzi pubblici. Il fatto è che noi avevamo bisogno di suonare, ma i locali erano chiusi, i teatri pure: tranne l'Ariston».


State dicendo di aver usato il Festival come vetrina promozionale?
«È così.

Nel 2018 era Sanremo ad aver bisogno di un progetto come il nostro per dimostrare di aver spalancato le porte al mondo indie. Quest'anno siamo stati noi ad aver bisogno di quel palco».


Dal secondo posto di Una vita in vacanza al tredicesimo di Combat pop: poteva andare meglio?
«Sapevamo bene che Combat pop era una canzone più debole di Una vita in vacanza. Però su quel palco abbiamo portato temi importanti: quelli legati alla crisi dei lavoratori dello spettacolo. Argomenti che erano rimasti fuori dall'Ariston: li abbiamo affrontati con l'esibizione della serata delle cover sulle note di Non è per sempre degli Afterhours, insieme ad Emanuela Fanelli e Francesco Pannofino».


Il vostro sarà uno dei primi concerti ospitati dall'Auditorium ai quali sarà possibile accedere solo con il green pass, in vigore da domani: favorirà la ripresa del settore?
«È una forma di tutela per gli spettatori: si abbassa la pericolosità e tutti vivono serenamente pensando che la persona seduta accanto è vaccinata o quantomeno tamponata. Al tempo stesso, però, può rappresentare un ostacolo: il ragazzino di 18 anni che si è prenotato per il vaccino ma è ancora in attesa di ricevere la prima dose, oltre al prezzo del biglietto deve spendere altri soldi per un tampone».


Siete vaccinati, voi?
«Sì, tutti. Alcuni hanno completato il ciclo, altri a breve riceveranno la seconda dose».


Dopo il tour, una pausa?
«Vediamo. Ci rinchiuderemo in studio per registrare il nuovo album di inediti. Però il prossimo anno il nostro disco d'esordio Turisti della democrazia
compie dieci anni e in qualche modo festeggeremo».


Parco della Musica, via Pietro de Coubertin 30. Domenica, ore 21

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